APPRENDERE ATTRAVERSO IL CORPO – 2^ parte

Insegnante Metodo Feldenkrais, socio Attestato AIIMF 

Questo contributo approfondisce gli aspetti dell’apprendimento organico, fornisce una descrizione di una lezione di gruppo del Metodo Feldenkrais e sollecita alcune riflessioni sul ruolo di questo tipo di apprendimento nella pratica scolastica.

Le lezioni di gruppo del Metodo Feldenkrais, dette CAM, che è l’acronimo di Conoscersi Attraverso il Movimento, sono guidate dalla voce dell’insegnante e organizzate attorno a temi funzionali. Si svolgono generalmente sdraiati a terra perché in questa posizione la relazione con la forza di gravità e la verticalità che dominano la nostra vita, e in relazione alle quali compiamo qualsiasi azione, viene sovvertita. Questo ci permette di potere operare più facilmente sui nostri schemi e quindi di cambiare più facilmente.

La prima cosa che chiedo ai miei studenti è di osservare in che modo contattano il pavimento, in quali punti il corpo si appoggia o è sollevato, in che modo il peso è distribuito e se, e come, il respiro trova un’eco nel corpo. Questa scansione iniziale viene ripetuta durante e alla fine della lezione per sviluppare e fissare la consapevolezza dei cambiamenti avvenuti. E serve ad affinare e differenziare la percezione.

La lezione prosegue con la richiesta di compiere una serie di movimenti che vengono eseguiti non in maniera ginnica e focalizzata sulla prestazione, ma al contrario riducendo gli sforzi, stando in un’ampiezza comoda, senza cercarne il limite o cercare di superarlo. Ogni movimento viene ripetuto un certo numero di volte e non tenuto come avviene nello yoga che tende ad avere un ideale di come la postura e il movimento dovrebbero essere all’inizio, durante e alla fine di ogni asana (postura yoga). La cosa importante è che la ripetizione non sia meccanica ma che ci sia continuità di attenzione al movimento e alle sensazioni ad esso associate.

Le lezioni funzionano al meglio quando vengono fatte con interesse e spirito di scoperta perché ciò porta a trovare piacere nel movimento. Suggerisco agli studenti di trovare il movimento attraverso l’esplorazione individuale e di non fermarsi per guardare cosa sto spiegando, né di tirarsi su con il collo per trovare indicazioni visive da quello che immaginano io faccia o da quello che sperano di vedere dai compagni nella stanza. Non è necessario pensare che il vicino sia meglio o peggio. Se qualcuno ha difficoltà palesi a trovare il movimento, porterò la persona a trovare il movimento richiesto con le mani e con istruzioni verbali specifiche.

Durante il corso della lezione pongo al gruppo domande come “Potete fare il movimento in modo più leggero?”, “Dove lo sentite?”, “Dove si sposta il peso?”, ecc. Questi sono suggerimenti per espandere l’attenzione e includere un numero maggiore di elementi e opzioni utili a scoprire il movimento ai quali non è quindi necessario rispondere. Spesso propongo di sperimentare opzioni e varianti del movimento e di notare i cambiamenti per la durata e in momenti specifici dell’azione.

Tra una sequenza e l’altra vengono fatte pause utili al sistema nervoso per metabolizzare le informazioni che ha ricevuto dal movimento e dalle sensazioni ad esso associate. Per altro, se lo studente è stanco o si confonde mentre si muove, ha sempre la possibilità di fermarsi e di riprendere, oppure di fermarsi finché non è pronto a ricominciare.

Se prendiamo solo alcune delle caratteristiche appena illustrate, lentezza, mancanza di competitività, attenzione alle sensazioni, lavoro autodiretto, vediamo che apprendere attraverso il corpo con il Metodo Feldenkrais potrebbe aiutare gli insegnanti a comprendere e poi ad attuare atteggiamenti utili anche all’apprendimento accademico e ad essere più vicini ai bisogni reali di chi apprende.

La prima osservazione che possiamo fare, in merito, è che quando l’educazione scolastica viene imposta e il processo di apprendimento è eterodiretto ed ha obiettivi specifici che sono quelli stabiliti dall’insegnante e/o dal sistema scolastico all’interno del quale l’insegnante opera, lo studente assume il ruolo di esecutore e non di attore protagonista, con i noti conseguenti comportamenti oppositivi.
La seconda considerazione consiste nella lunghezza precostituita del percorso scolastico: un iter di studi con lunghezze fisse e prestabilite dall’esterno presuppone capacità e velocità di apprendimento uniformi o uniformabili per tutti gli studenti.
Infine la terza riflessione ci porta ad esaminare la presenza di situazioni scolastiche in cui l’apprendimento è ancora basato sulla parola e sulla verbalizzazione anche a livello mentale, e propone prevalentemente schemi e categorie di pensiero conosciute e socialmente reiterate e rinforzate, lasciando in questo modo ai margini quegli alunni che prediligono canali corporei, visivi o musicali di comunicazione.
L’educatore che è dentro ognuno di noi sa che questi percorsi di istruzione ci portano verso un cammino duro e faticoso, in cui sia insegnanti che studenti non traggono gioia dal processo di insegnamento/apprendimento.

Invece la lentezza, o meglio, il rispetto dei ritmi di apprendimento piuttosto che la concitazione; il confronto con se stessi e la cooperazione tra pari, l’attenzione al vissuto dell’alunno piuttosto che la centratura sul programma, lo sviluppo della motivazione intrinseca ad apprendere piuttosto che il lavoro etero diretto diventano degli indicatori di direzione per rendere più efficace, autonomo e motivante il lavoro scolastico per studenti ed insegnanti.

In questo senso l’apprendimento organico, secondo Feldenkrais, è un’auto educazione ed è quindi intenzionale, lento e non ha obiettivi specifici poiché non ha lo scopo di fare apprendere nell’accezione prevalente. Sostanzialmente le sequenze di movimento che vengono proposte nelle lezioni sono dei quesiti che vengono posti allo studente con lo spirito di permettergli di trovare la sua soluzione individuale. L’apprendimento organico è quindi guidato principalmente dalla sensazione di soddisfazione che otteniamo quando riusciamo a trovare una strada, un modo personale per rendere più semplici e migliorare i movimenti che ai primi tentativi risultavano forse difficili da compiere e poco efficienti perché grossolani.

Negli esercizi di Feldenkrais non si apprende un contenuto o una conoscenza specifica. Non importa quali movimenti vengano usati nella lezione. Diventare consapevole e imparare ad imparare è l’aspetto che più ci interessa. Poiché l’accento è messo non sul cosa ma sul come, il processo di apprendimento è diretto dall’interno e questo significa sviluppare e migliorare costantemente l’abilità di apprendere e la capacità di attingere alle proprie risorse.

Nella visione di Moshe Feldenkrais gli esercizi sono quindi un metodo molto sottile e raffinato per riprogrammare il nostro sistema nervoso così che la corteccia intenzionale non sia più vincolata a schemi compulsivi. Portare l’attenzione alle sensazioni collegate al movimento e imparare a pensare tramite relazioni che non dipendono dalla verbalizzazione aumenta la capacità di creare e sviluppare collegamenti neurologici e nuovi schemi mentali ed emotivi. Si sviluppano risorse latenti e si impara a pensare in modi originali e personali.

Movimento, sensazioni, emozioni e pensiero sono allora in sincronia tra di loro e siamo in grado di realizzare le nostre intenzioni e rispondere in modo utile e appropriato agli stimoli che riceviamo dall’ambiente e alle richieste che da esso provengono. Nel linguaggio del Metodo questa caratteristica si chiama differenziazione. Se esploriamo come facciamo le cose e perdiamo la compulsività vuol dire che siamo in grado di non rispondere in modo meccanico, che abbiamo alternative e che possiamo operare delle scelte: siamo quindi liberi di scegliere.

Per arrivare al movimento giusto è necessario per prima cosa pensare ad un movimento migliore piuttosto che a quello giusto. Il movimento giusto non ha possibilità di sviluppi futuri, quello migliore può essere migliorato. Quello giusto rimane per sempre un limite.

L’apprendimento che non porta ad un nuovo modo di agire non è apprendimento.

Moshe Feldenkrais

Bibliografia

Nota: Nella sua estrema complessità e profondità di sintesi, questo è un metodo essenzialmente pratico che si comprende solo facendo, cioè muovendosi ed ascoltandosi.

Moshe Feldenkrais, Il metodo Feldenkrais – Conoscere se stessi attraverso il movimento. Red Ed., 2003.
Un’ottima introduzione al Metodo. Mostra come le tensioni emotive si manifestano a livello fisico con posture scorrette, contratture, sforzi, impedimento al movimento. Include 12 lezioni di CAM.

Moshe Feldenkrais, Il corpo e il comportamento maturo. Astrolabio, 1996
Getta le basi del metodo ed è considerato un classico. Descrive come gli schemi motori e la postura dell’individuo siano abitudini acquisite e dovute all’ambiente. Impegnativo e non sempre di facile lettura.

Moshe Feldenkrais, Il caso di Nora. Astrolabio, 1996
Presenta il processo e i principi attraverso i quali Feldenkrais ha insegnato a Nora, vittima di ictus a imparare nuovamente le abilità motorie perse a seguito di un ictus. Un classico nel campo dell’educazione e delle terapie somatiche.

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