Feedback in classe: capire le dinamiche relazionali

Per capire meglio come funziona la classe, l’ottica sistemica ci offre una serie di spunti di riflessione.

La circolarità è uno degli elementi essenziali che caratterizzano un sistema: essa “serve a descrivere la sequenza temporale e la concatenazione di una serie di stati del sistema legati tra loro da una relazione di causalità in modo che l’ultimo stato della sequenza agisce di ritorno sullo stato iniziale (causalità circolare)” (Malagoli Togliatti e Cotugno, 1996, p. 201). Attraverso il meccanismo della retroazione (feedback) il sistema si evolve e si modifica (retroazione positiva), oppure mantiene il proprio equilibrio interno (retroazione negativa) autoregolandosi e mantenendosi nel tempo (Watzlawick, Beavin e Jackson, 1971).

Nell’ottica sistemica ogni comportamento è inserito in un fluire di eventi che non possono essere letti in modo lineare, secondo una logica semplice di causa-effetto: l’altra caratteristica dei sistemi, la totalità, fa sì che il contesto e le singole parti si influenzino vicendevolmente.
Nel Cooperative Learning l’attenzione a questa proprietà dei sistemi è presente ad almeno tre livelli: si considera il ruolo del feedback nella comunicazione verbale, nella comunicazione non verbale e nel processo di apprendimento.

Feedback nella comunicazione verbale

Nel contesto della teoria della comunicazione interpersonale, il feedback è “quel momento della comunicazione replicativa (di ritorno) e deliberativa, nel quale il ricevente comunica all’emittente informazioni su come è stata percepita e sperimentata la sua comunicazione” (Franta e Salonia, 1981, p. 128): una comunicazione è efficace nella misura in cui raggiunge lo scopo dell’emittente e viene compresa dal ricevente. Quest’ultimo manifesta in modo verbale il suo stato (feedback) e ciò consente all’emittente di regolare la sua modalità comunicativa e di modificare il suo comportamento.
Perché una comunicazione di feedback sia efficace, essa va strutturata secondo alcune “regole“:

  1. La forma è non direttiva: sono da evitare giudizi di valore, accuse, interpretazioni;
  2. la forma è descrittiva: si riportano gli elementi osservabili di un evento specifico;
  3. chi dà il feedback prende la responsabilità della comunicazione: ci si esprime in prima persona, descrivendo la propria esperienza;
  4. il feedback è attuale: segue immediatamente la comunicazione, il comportamento o la situazione a cui si riferisce;
  5. la funzione è costruttiva: tende a migliorare la relazione;
  6. contiene una parte di appello: la richiesta di chi dà il feedback viene espressa come un desiderio mediante la modalità della comunicazione rappresentativa (Franta e Salonia, 1981).

Le regole del buon feedback elencate sopra limitano, pur non escludendole del tutto, le possibilità di reazioni negative da parte di chi riceve l’informazione di ritorno (se questa è una richiesta di cambiamento) e accrescono le probabilità di un’accoglienza di feedback di conferma.
Alcuni autori appartenenti al movimento educativo del Cooperative Learning riconoscono l’importanza del feedback come strumento di influenza reciproca e lo pongono come uno dei fondamenti del metodo stesso. L’attenzione all’insegnamento delle abilità sociali costituisce un esempio di ciò Johnson, Johnson e Holubec, 1994; Cohen, 1994).

Visione allargata del feedback: comportamento come comunicazione

Il metodo del Cooperative Learning utilizza il gruppo di lavoro primariamente per fini di miglioramento individuale nel rendimento scolastico: l’interazione è uno strumento per veicolare un apprendimento efficace.

L’interazione è obbligata, in quanto la strutturazione delle attività è finalizzata al raggiungimento di un obiettivo comune che richiede la collaborazione; tutto ciò che accade nel corso dell’esperienza influenza quindi l’andamento del lavoro del gruppo.
Ogni azione, omissione, discorso, silenzio, pausa assume nell’interazione una valenza comunicativa duplice, a livello di contenuto e di relazione (Watzlawick, Beavin e Jackson, 1971): uno studente che informa gli altri due membri del gruppo come divideranno il materiale disponibile non comunica solo un’informazione tecnica sull’organizzazione del lavoro (contenuto), ma anche un’informazione legata su chi assume il controllo dell’interazione (relazione). Questo duplice livello di percezione del comportamento è costantemente presente nell’interazione: con il lavoro di gruppo il numero delle interazioni presenti simultaneamente nella classe aumentano e con esse il rischio di conflitti, incomprensioni e reazioni disfunzionali rispetto agli obiettivi didattici ed educativi fissati dall’insegnante.
Secondo alcuni teorici del Cooperative Learning dare per scontata la capacità di stare in gruppo e di lavorare assieme ad altri in modo efficace significa esporre il gruppo stesso ad un’elevata possibilità di fallimento (Johnson, Johnson, e Holubec 1994; Cohen, 1994; Sharan e Sharan, 1992).
In accordo implicito con il principio di totalità dei sistemi, essi riconoscono l’influenza del comportamento individuale sugli altri componenti che può non essere funzionale rispetto agli obiettivi del gruppo; pertanto essi affermano la necessità di insegnare le abilità sociali utili al lavoro di piccolo gruppo.
Tali abilità consistono in un insieme di comportamenti comunicativi, relazionali e operativi la cui lista varia da autore ad autore, ma che sono legate dal comune denominatore della loro funzionalità al lavoro di gruppo (per una rassegna, si veda Comoglio e Cardoso, 1996).
Per Johnson e Johnson, le abilità sociali utili sono molteplici e variano in base alla fase di sviluppo del gruppo: nel momento della sua formazione, abilità essenziali sono il restare al proprio posto, il parlare sottovoce, il rispettare il turno nel parlare, l’usare il nome dei compagni; nella fase centrale di lavoro, alcune abilità sono utili al mantenimento delle relazioni di lavoro, come il dare idee e spiegazioni, indicare possibili soluzioni nei problemi di comunicazione, incoraggiare la partecipazione di tutti; altre sono relative allo svolgimento del compito, come spiegare il proprio ragionamento in modo sequenziale, il collegare il contenuto nuovo alle conoscenze precedenti, il seguire le istruzioni. Infine, alcune abilità sono utili a riconcettualizzare il materiale studiato, ad approfondire quanto letto, come il criticare le idee, l’argomentare, o il non cambiare idea se non dopo essere stato persuaso da argomentazioni logiche (Johnson, Johnson, e Holubec 1994). Uno spazio molto grande viene dedicato da questi autori all’abilità di gestione costruttiva dei conflitti: la strategia della negoziazione, quella della mediazione e la struttura di apprendimento della controversia sono strumenti di educazione alla pace (Johnson e Johnson, 1995).
Per la Cohen, tra le abilità sociali e intellettuali utili per il buon funzionamento del gruppo ci sono il sapere riconoscere e rispondere ai bisogni del gruppo, l’ascoltare, il mostrare agli altri come fare le cose, il fare domande, il dare ragioni per le proprie idee, il permettere a tutti di contribuire, il gestire i conflitti in modo costruttivo, ed altre ancora (Cohen, 1994).
Kagan propone un approccio di insegnamento delle abilità sociali che definisce “naturale strutturato” e offre una serie di tecniche e di giochi per stimolare l’apprendimento e la pratica delle abilità sociali, tra le quali riporta i ruoli utili allo svolgimento del lavoro di gruppo, come il ‘controllore’, il ‘registratore’, l’ incoraggiatore’, ecc. (Kagan, 1994).
L’ottimizzazione delle relazioni è tanto importante che, tra le abilità sociali che vanno insegnate, alcune sono relative alla risposta che la persona dovrebbe dare in determinate situazioni: il dare aiuto quando richiesto, l’incoraggiare la partecipazione, il come dare il feedback sono esempi di come si può influenzare la modalità di interazione tra gli studenti (Cohen, 1994). Dare il feedback è essa stessa un’abilità sociale che va appresa o potenziata.

Feedback sull’apprendimento

Secondo Johnson e Johnson (1993), “il feedback è l’informazione disponibile agli individui che rende possibile il paragone con uno standard di prestazione. La conoscenza dei risultati è l’informazione data alla persona sulla sua prestazione in un dato sforzo (effort). Il feedback può essere in forma qualitativa, per cui la persona è informata se la sua prestazione è corretta o scorretta, oppure in forma quantitativa su quanta discrepanza esiste tra la risposta della persona e la risposta corretta” (p. 135). Questa definizione corrisponde ad un tipo di feedback, cioè quello sul risultato (outcome feedback). Esiste poi il feedback sul processo, o cognitivo, con cui si danno informazioni sulla modalità di pensiero e sui processi cognitivi utilizzati nel realizzare un compito (Hinsz, Tindale e Vollrath, 1997).
Johnson e Johnson (1993) individuano tre fonti di feedback in un contesto di apprendimento con computer:

  • la percezione individuale durante l’azione (feedback individuale)
  • il feedback da strumenti tecnologici
  • il feedback che proviene da altre persone (feedback interpersonale).

Nel caso di un contesto di apprendimento scolastico su contenuti che non richiedono l’uso di tecnologie, le fonti di feedback sono:

  • la propria percezione
  • la valutazione degli altri
  • la valutazione scritta (nei casi di test a scelta multipla o simili).

Per quanto riguarda la propria percezione, essa è legata a componenti cognitive e affettive: la percezione del proprio livello di rendimento nella prestazione cambia in base al livello di ansia, alla capacità metacognitiva, alle aspettative di successo o fallimento. Il feedback personale è un aspetto importante del processo di apprendimento comune per qualsiasi approccio di istruzione.
L’altra fonte diretta di feedback è l’insegnante: la valutazione sommativa, cioè il voto o le riflessioni alla fine di un esame, è la principale sorgente esterna di informazioni relative al livello della prestazione (feedback sul risultato). Anche questo tipo di informazione rimane comune nelle varie modalità di insegnamento.
Una fonte indiretta sono i compagni, la cui rilevanza come feedback sul processo di apprendimento rimane però da investigare. Il ruolo di questo tipo di feedback cambia in base al metodo di insegnamento: nell’istruzione tradizionale, ad esso spetta un ruolo informale, in cui i commenti dei compagni rimangono prevalentemente sullo sfondo e la loro importanza è probabilmente proporzionale alla significatività della persona che parla e al momento contingente in cui si viene valutati.
Da alcuni studi fatti, sembra che il feedback individuale proveniente da altre persone sia più efficace di quello personale o da tecnologia, per un numero di ragioni:

  • è personalizzato e aumenta la prestazione più del feedback impersonale
  • è vivido e saliente più dei dati statistici
  • consente di essere inserito in un’interazione continua che è maggiormente informativa e di sostegno (Johnson e Johnson, 1993).

Feedback al singolo e al gruppo

Nel Cooperative Learning, un ulteriore elemento di distinzione sul feedback è dato dalla scelta sul target della valutazione, che può essere centrata sul gruppo oppure sull’individuo.
Giacché la classe tradizionale è un sistema sociale, il feedback può essere dato anche sul comportamento nel gruppo; generalmente, l’informazione sul compito viene data dall’insegnante mediante la valutazione, mentre l’informazione sui comportamenti di interazione viene lasciata sullo sfondo e curata solo nei momenti in cui il comportamento individuale diventa un ostacolo allo svolgimento della lezione.
Nel contesto di apprendimento cooperativo la visione dell’interazione cambia: essa è considerata in modo positivo e utilizzata ai fini dell’apprendimento. In questa prospettiva, le interazioni vengono ‘educate’ attraverso l’insegnamento diretto delle abilità sociali. Giacché esse vanno apprese ed esercitate, la loro valutazione rientra negli obiettivi di gruppo: anche per queste ci sono standard di prestazione e il feedback principale, la misura dell’applicazione efficace, è dato dalla risposta del gruppo al comportamento individuale.
Alcuni autori, nel descrivere come strutturare delle attività cooperative, inseriscono anche uno spazio da dedicare alla riflessione individuale e collettiva sul modo di procedere nello svolgimento del compito e di comunicare: il gruppo dovrebbe rispondere a due domande: cosa ha fatto ogni membro del gruppo di utile per il lavoro e cosa ognuno potrebbe fare per rendere ancora migliore il lavoro di domani? (Dishon e O’Leary, 1984; Cohen, 1994).
In questa fase, il feedback reciproco diviene lo strumento per accrescere la consapevolezza del modo individuale di stare nel gruppo e per individuare comportamenti non efficaci che possono essere modificati. Generalmente tale momento è situato alla fine del lavoro oppure, nel caso di progetti cooperativi di lunga durata, nel corso del lavoro stesso.
In uno studio condotto da Stuart Yager su 84 studenti di terza elementare (terzo grado), è stato esaminato l’impatto sul rendimento di tre situazioni di apprendimento: cooperativa con riflessione di gruppo, cooperativa senza riflessione di gruppo e apprendimento individualistico. Gli alunni divisi nei tre gruppi hanno studiato per 25 giorni di istruzione un’unità sui trasporti (transportation unit) per 35 minuti al giorno. I risultati indicarono che gli studenti di rendimento alto, medio e basso nella condizione di cooperazione con riflessione di gruppo hanno ottenuto punteggi più alti nelle valutazioni giornaliere, in quella al termine dell’esperienza di studio e nelle misure di ricordo, più degli individui nelle altre due condizioni (Yager, Johnson e Johnson, 1985).

Conclusioni

Perché dare e ricevere feedback in modo deliberato è importante? Perché lo è comportarsi “bene”?
Nell’ottica sistemica, la circolarità del sistema fa sì che i comportamenti tendano ad automantenersi se non cambia il tipo di reazione ad essi (feedback negativo). Dare e ricevere feedback significa cambiare la modalità abituale di reagire ad alcuni stimoli e questo ha la funzione di fornire elementi nuovi al sistema e creare una prima modifica nello stato attuale (feedback positivo).

Questa valutazione coinvolge sia il dare feedback verbali che il migliorare le abilità sociali: ciò influisce sulla creazione di un sistema funzionale agli scopi di apprendimento e di sviluppo affettivo-relazionale.
La comunicazione di feedback può rientrare tra gli interventi di metacomunicazione sul processo di lavoro: tale strategia infatti consente di rivedere l’accaduto da una prospettiva più ampia (Malagoli Togliatti e Rocchietta Tofani, 1990).

Bibliografia

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COMOGLIO, M. e CARDOSO, M. A. (1996), Insegnare e apprendere in gruppo. Il Cooperative Learning, Roma, LAS.
DISHON, D. e O’LEARY, P. (1984). A guidebook for cooperative learning: A technique for creating more effective schools, Holmes Beach, FL, Learning Publications, Inc..
FRANTA, H. e SALONIA, G. (1981), Comunicazione interpersonale, Roma, LAS.
HINSZ, V. B., TINDALE, R. S. e VOLLRATH, D. A. (1997), The emerging conceptualization of groups as information processors, Psychological Bulletin, vol. 121 (1), pp.43-64.
JOHNSON, D. W. e JOHNSON, R. T. (1993), Cooperative learning and feedback in technology-based instruction. In J. V. DEMPSEY e G. C. SALES (a cura di), Interactive instruction and feedback. Englewood Cliffs, NJ, Educational Technology Publications, pp.133-157.
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KAGAN, S. (1994), Cooperative learning, San Juan Capistrano, CA, Kagan Cooperative Learning.
MALAGOLI TOGLIATTI, M. e COTUGNO, A. (1996), Psicodinamica delle relazioni familiari, Bologna, Il Mulino.
SHARAN, Y. e SHARAN, S. (1992), Expanding Cooperative Learning through Group Investigation, New York, Teachers College Press.
WATZLAWICK, P., BEAVIN, J. H. e JACKSON, D. D. (1971), Pragmatica della comunicazione umana, Roma Astrolabio.
YAGER, S., JOHNSON, D. e JOHNSON, R. (1985), Oral discussion, group-to individual transfer and achievement in cooperative learning groups. Journal of Educational Psychology, vol. 77 (1), pp.60-66.

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