Dalla Lim alla Flipped Classroom (classe capovolta)

Passando attraverso la centralità della relazione studente – insegnante

Già da alcuni anni le Lim sono entrate a far parte dell’arredo delle classi nelle scuole italiane. Inizialmente introdotte dall'”alto”, grazie alla lungimiranza di qualche docente e dirigente, hanno avuto una più larga diffusione per effetto degli investimenti cospicui da parte del Ministero dell’Istruzione, che ha cercato di dotare di una o più Lim quasi ogni istituto del territorio nazionale.

Il “la” dato dal Ministero ha molto spesso stimolato iniziative indipendenti degli istituti stessi, che hanno attinto da risorse interne per attrezzare laboratori o aule.

La Lim in laboratorio è stata la scelta di molte scuole che, avendo una sola o pochissime lavagne interattive, hanno preferito una dislocazione che potesse essere accessibile a più classi.
Il Ministero ha optato invece per la raccomandazione che le Lim fornite fossero nell’aula di ogni singola classe che potesse utilizzarla con regolarità per l’intero corso dell’anno. In questo modo molti studenti hanno familiarizzato presto e bene con le nuove attrezzature, tanto da sostenere una domanda “dal basso”.
Il nodo cruciale dell'”operazione Lim”, come intuito ed esplicitamente inteso nelle azioni ministeriali, è stato ed è sicuramente legato alla formazione dei docenti.
Il fatto che molto spesso nell’aula la Lim sia affiancata dalla tradizionale lavagna, la dice lunga sulla fatica ad abbandonare la strada vecchia per la nuova.
Da un punto di vista tecnico, la polvere del gesso che continua a invadere tutto ciò che sta nel raggio della lavagna d’ardesia non è consigliabile, nè per il computer, nè per la qualità dell’aria che si respira, ma nonostante questo, la vecchia lavagna continua a restare appesa proprio di fianco alle dotazioni tecnologiche dell’aula.
Proprio sulla formazione dei docenti, il Ministero ha investito una parte rilevante nel Progetto Nazionale Scuola Digitale.
Fin dal 2009 è stata creata una task force di tutor-coach preparati appositamente per condurre i corsi all’interno delle scuole di tutto il Paese. Legata con forza ad una formazione didattica, quella tecnica è apparsa, a volte, quasi secondaria, e diversi docenti-corsisti hanno lamentato la carenza di istruzioni pratiche che li potessero mettere in grado di lavorare in classe con la Lim in modo sicuro e autonomo. Forse, se la preparazione tecnica, se vogliamo quella più “spicciola”, avesse preceduto la formazione metodologica, i docenti avrebbero potuto essere propositivi su come piegare le istruzioni pratiche ricevute al proprio stile didattico. Ma si potrebbe dire che spesso è proprio lo stile didattico dei nostri docenti che si lascia piegare poco verso una didattica meno frontale e trasmissiva.
Ecco che allora formazione metodologica e tecnologica si rivelano strettamente legate, perché l’una influisce sull’altra stimolandosi reciprocamente verso una innovazione dell’insegnamento ormai non più rinviabile. La centralità dell’apprendimento è la centralità dello studente, con i suoi ritmi, le sue prerogative, il suo stile legato alle modalità con cui, fuori dalla scuola, si relaziona, comunica e cresce. E nel mondo dello studente di oggi, le tecnologie sono assolutamente pervasive. Il docente efficace oggi non può più prescindere da una propria preparazione tecnologica che mette al servizio di una didattica adatta alle nuove generazioni.
Il Cooperative Learning ha come aspetto fondamentale la centralità dello studente nella costruzione delle sue competenze, attraverso un metodo che privilegia lo sperimentare, il risolvere problemi autentici, il creare prodotti nuovi, nella collaborazione fra pari e con la guida/ sostegno del docente.
La Lim è uno dei dispositivi tecnologici ai quali gli studenti si avvicinano con più familiarità, ed è stata indubbiamente la prima dotazione tecnologica condivisa fra studenti e docenti. Non più dunque, un laboratorio informatico per pochi esperti, ma uno strumento utile e adatto a qualsiasi disciplina, docente o studente .
Lavorare “attorno” alla Lim, raccogliere dati, esperienze, prodotti, stimoli e idee, condividere, salvare e riutilizzare materiali, arricchire di elementi multimediali, tutto ciò potenzia il paradigma costruttivista del Cooperative Learning fornendo un supporto ineguagliabile alla didattica cooperativa.

L’esperienza di Scintille nel corso Clim

Nel costruire il corso CLIM abbiamo ipotizzato che dovesse cambiare la logica dell’utilizzo della tecnologia: la LIM come strumento attivo e non come semplice arredo da utilizzare alla maniera di una comune lavagna.
La LIM in questo senso é diventata un’ottima occasione di learning by doing o meglio ancora di cooperative learning by doing poiché ha messo tutti i partecipanti (nel nostro caso gli insegnanti) in grado di lavorare, secondo le proprie potenzialità e capacità, doti di creatività, riflessione e spirito critico. Ogni componente è responsabile e co-costruttore del processo di apprendimento, migliora la sua autostima, impara ad armonizzare le proprie istanze all’interno del gruppo dei pari, si mette in ascolto dell’altro non per “integrarlo” ma per confrontarsi con la complessità del sapere imparando ad apprendere dagli altri, a cooperare, a cedere le proprie conoscenze e a trasmetterle, in sintesi ad apprendere reciprocamente.

La LIM ha così acquistato valore educativo nelle nostre classi perché è diventata uno strumento interattivo, utilizzato dagli insegnanti-alunni per costruire in modo originale e divertente il proprio percorso di apprendimento.

Si è tenuto conto di tre aspetti fondamentali:
1. il cambio di ruolo del docente che diventa tutor o coach nel processo di apprendimento,
2. la pianificazione delle attività e
3. una diversa concezione del fattore tempo.
I risultati sono derivati dalla naturalezza con la quale ogni soggetto (studente o insegnante) ha potuto allenare e consolidare le otto competenze chiave di cittadinanza:
“Progettare, imparare ad imparare, comunicare, collaborare e partecipare, agire in modo autonomo e responsabile, risolvere problemi, individuare collegamenti e relazioni, acquisire ed interpretare l’informazione”.

Scenari futuri di integrazione CL-tecnologie: tablet + Flipped Classroom (Team-Clim)
La scuola italiana è arrivata con un certo ritardo rispetto a molte altre realtà internazionali, e comincia ora a sfruttare la Lim per quell’opportunità che può condurre ad una vera innovazione della didattica.
E’ pur vero che lo scenario internazionale tende oggi a superare la Lim, proponendo dotazioni meno “centralizzate” e più “distribuite”.
L’uso dei tablet personali per esempio, che caratterizza i progetti come Cl@ssi 2.0, è una evoluzione ulteriore che non sostituisce la Lim, bensì rappresenta l’evoluzione verso un’architettura d’aula dove i vari dispositivi si integrano e si potenziano.
Il tablet del docente-direttore d’orchestra che “controlla” i tablet degli studenti e conduce l’attività didattica, non può però del tutto sostituire la Lim perché la scrittura manuale sul grande touchscreen della Lim non è ancora stata rimpiazzata da un dispositivo che riesca a fare altrettanto.
Ci potremmo allora chiedere se “affermare che la Lim è superata o sta per essere soppiantata da altro” non sia uno dei tanti “bisogni indotti” a beneficio di un mercato internazionale che, già saturo di Lim, deve evolvere per soddisfare nuove pseudo-necessità d’acquisto.
Saggiamente dovremmo fermarci un attimo a riflettere che lo studente, il docente, la scuola, non sono “consumatori” qualsiasi. Non si può accondiscendere a regole di mercato senza aver avuto realistici feedback sulla valenza pedagogica delle innovazioni che introduciamo.
Né si può pretendere che ad un docente sia richiesto di diventare esperto di una tecnologia che cambia aspetto ogni paio d’anni, prima ancora che si sia potuta raggiungere la piena efficacia di una metodologia, tale da poter dare feedback verificabili e valutabili.
I dispositivi tecnologici devono essere al servizio dell’apprendimento, non la scuola al servizio del mercato.
Dunque crediamo sia utile fare ricerca e chiedersi quanto la Lim, nella scuola italiana, abbia saputo stimolare la didattica e quanto possa essere uno strumento cardine per compiere un processo di cambiamento radicale dall’insegnamento centrato sul docente (didattica trasmissiva) verso un apprendimento centrato sullo studente che coopera per costruire il suo sapere
Creare ambienti nuovi in cui stimolare lo studente ad apprendere attraverso l’esperienza non significa solo ripensare la disposizione dell’aula e l’allestimento di nuovi dispositivi tecnologici, ma anche ripensare l’interazione docente-discente nello spazio e nel tempo.
Un’esperienza che sta prendendo piede anche in Italia, in cui sono partite alcune sperimentazioni pioneristiche, è la cosiddetta “Flipped classroom”, o “classe capovolta”.
L’idea centrale è che una lezione tradizionale, nella sequenza spiegazione-studio individuale-verifica-valutazione, spesso centra l’attività in presenza sulla spiegazione e demanda ad uno sforzo individuale di comprensione, approfondimento e collegamento realizzato a casa dallo studente “lasciato solo”.
Riflettendo su questo metodo consueto, riconosciamo che si potrebbe invertire la collocazione degli step:

  1. la fase di conoscenza e informazione può oggi essere fatta dallo studente a casa, anche attraverso l’accesso ad una vasta varietà di fonti informative multimediali, indicate dal docente, tra cui, in primis, i video, come risorsa facilmente accessibile e fruibile gratuitamente in rete.
  2. L’attività in classe può seguire la prima fase, e in questo senso lo studente troverà, proprio in presenza, con l’insegnante e i suoi pari, l’ambiente più adatto a discutere i suoi dubbi, ad eseguire gli esercizi e quindi ad applicare le conoscenze. Comincerà a riflettere in modo collaborativo per consolidare quanto appreso, a dare/ricevere un contributo attivo e costruttivo al processo di apprendimento, che diventerà processo non solo personale ma dell’intero gruppo classe.

Tutto ciò andrà gestito con sapienza dal docente, che non sarà più unico depositario di quel pacchetto di conoscenze chiamato a trasmettere, ma diventerà “direttore d’orchestra”, conduttore del gruppo, organizzatore di nuove modalità di interazione nell’aula.
Se pensiamo alle obiezioni a questa inversione di processo il docente tradizionalista osserverà che nella “sua” fase di spiegazione egli ha una produttiva interazione col discente, che non potrà essere sostituita con la “fredda” visione di un video.
In realtà molto spesso, nella lezione frontale, manca un reale ed efficace feedback al docente da parte di una classe attenta; la classe vigile dà dei segnali positivi, ma gli studi che hanno realmente sondato quanto di ciò che è stato “ascoltato” sia immediatamente anche “appreso”, evidenziano quanto ciò sia sempre sovrastimato dall’insegnante.
A ciò si aggiunge un’altra criticità: la fase della verifica degli apprendimenti, cioè l’effettivo feedback al docente, è traslata nel tempo di giorni, a volte settimane, e ciò rende quanto meno intempestiva l’azione di recupero.
Ecco perché ha senso ritenere che si debba spostare in aula, e nel lavoro del gruppo-classe, tutta l’attività di analisi, applicazione, collegamento, valutazione e creazione, cioè tutto ciò che denota un “apprendimento attivo”.
Questo apprendimento, questa esperienza e creatività verranno allora mediati non dal solo insegnante, ma da tutto un insieme di altre fonti multimediali. Le nuove tecnologie, per esempio, offrono ambienti di apprendimento che possono utilizzare la realtà virtuale per far fare esperienza anche laddove essa sarebbe difficile o impossibile in pratica, stimolando nello studente anche maggiore interesse e coinvolgimento. Il tablet personale consentirà allo studente di interagire con il docente, il gruppo classe e il mondo intero attraverso Internet.
Dovrà, quindi, questo “nuovo” docente, reinventare da solo e da zero un’intera filosofia didattica?
Noi pensiamo di no, perché il Cooperative Learning si rivela anche in questo caso, ancora una volta, modello adatto e efficace per smontare il sapere e co-costruire l’apprendimento.

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