Fare cooperative learning nel territorio 1

Il cooperative learning fuori dalla scuolaDopo decenni di studi e sperimentazioni l’apprendimento cooperativo inizia oramai a diffondersi in molte scuole anche in Italia. Anche se è ancora molto raro un orientamento totale dell’Istituto scolastico alla “filosofia” oltre che alle metodologie cooperative (come ad esempio si può riscontrare in UK nelle scuole del circuito www.co-operativeschools.coop o della rete http://csnetwork.coop/ ), in Italia oramai molti insegnanti nella loro pratica educativa e didattica, inseriscono segmenti di cooperative learning.

Come ripetiamo spesso occorre comunque distinguere tra lavoro di gruppo ed apprendimento cooperativo. Il lavoro di gruppo consiste nel collaborare verso un obiettivo comune, spesso senza una particolare metodologia: si tratta di una pratica molto conosciuta e diffusa, ma talvolta non del tutto efficace.
L’apprendimento cooperativo, invece, è una modalità focalizzata sull’apprendere insieme l’uno con l’altro, l’uno dall’altro, l’uno per l’altro, attraverso una visione di uomo ed una serie di principi, caratteristiche e tecniche/metodologie/strutture oramai ben definite anche se in continua evoluzione e miglioramento (cfr. Alan Wilkins, 2011).

L’approccio del cooperative learning nei percorsi di partecipazione e di cittadinanza attiva

L’approccio del Cooperative Learning inizia dunque ad essere conosciuto apprezzato e praticato nel mondo della scuola, ma non solo.

Da qualche anno, sono state attivate alcune esperienze in tutt’altro ambito rispetto alla scuola, ma da esso per nulla disgiunto, in cui l’utilizzo di metodologie basate sull’approccio cooperative possono rivelarsi molto utili e funzionali.
Si tratta di esperienze di cittadinanza attiva e di processi di partecipazione democratica a scelte che investono alcune comunità locali.
In questo breve contributo ci focalizzeremo su alcune esperienze sviluppatasi in Italia e soprattutto in Toscana nel corso degli ultimi anni.
Accenneremo al contributo che alcune tecniche cooperative hanno dato al produttivo svolgimento degli incontri partecipativi e avvieremo in conclusione una sintetica analisi di criticità e potenzialità dei processi partecipativi.

Ci dedicheremo, in una serie di prossimi articoli alla analisi di specifici casi e alla loro relazione col mondo della scuola e della formazione professionale.

La cittadinanza attiva e la partecipazione

Con l’espressione cittadinanza attiva si è soliti indicare la partecipazione consapevole di una persona alla vita politica e sociale del territorio in cui vive, motivata dall’intento di contribuire alla tutela del bene comune e al perseguimento dell’interesse generale attraverso proprie autonome iniziative. L’espressione rimanda a precisi valori, ribaditi dalla Costituzione italiana, ed al concetto di sussidiarietà nella sua accezione orizzontale: il riferimento ai cittadini deve qui intendersi esteso ai “cittadini sociali”, ovvero a coloro che concretamente aderiscono ai valori e alla vita sociale del territorio in cui risiedono, pur senza dover essere cittadini necessariamente in senso formale e burocratico.
Si comprende bene come questo approccio sia utile in processi partecipativi in cui critici e importanti sono gli elementi di integrazione sociale e culturale di minoranze, migranti, immigrati di prima o seconda generazione.
La modalità consueta di esercitare questo diritto ha visto in genere la creazione di organizzazioni autonome di cittadini, gestite dai cittadini stessi, che realizzano la partecipazione civica contribuendo alla difesa dei diritti fondamentali e al miglioramento della vita democratica; lavorano per la difesa dei diritti e/o per la cura dei beni comuni attraverso attività di tutela, di ascolto o di gestione di servizi lavorando su empowerment e capacity building; operando nell’interesse generale attraverso strutture democratiche, senza perseguire fini di lucro.

Negli ultimi anni le esperienze di coinvolgimento dei cittadini si sono intensificate anche da parte delle pubbliche amministrazioni, focalizzandosi su una pluralità di temi e ricorrendo ad una varietà piuttosto estesa di approcci.

In Italia esistono numerose esperienze, attivate sin dagli anni ‘70 del ‘900, ognuna con un approccio diverso, ne elenchiamo alcune giusto per illustrarne la estrema varietà.

  1. Ivrea (To). Il progetto Ivrea partecipata a San Giovanni
  2. Vercelli. Giuria dei cittadini sull’inquinamento
  3. Rozzano (Mi). Contratto di quartiere II
  4. Pieve Emanuele (Mi). Dal bilancio al sistema partecipativo
  5. Venezia. CAmbieReSti? Consumi Ambiente Risparmio Energetico Stili di vita
  6. Modena. Fra archeologia industriale, memoria storica e futuro: il recupero delle ex Fonderie Riunite
  7. Bologna. La campagna di città: il laboratorio di Via Larga
  8. Imola. Il Piano per la salute
  9. Regione Toscana. Partecipazione per una legge sulla partecipazione
  10. San Gimignano (Si). Il progetto Sangimignamo
  11. Terni. Appalto e carta dei servizi delle mense scolastiche
  12. Regione Lazio. Il sondaggio informato su sanità e finanza etica
  13. Roma. Una storia di animazione territoriale al Quartaccio
  14. Latina. Due contratti di quartiere: Nicolosi-Villaggio Trieste e Latina Scalo
  15. Napoli. Grandi infrastrutture e riqualificazione urbana: il caso di San Giovanni a Teduccio
  16. Regione Puglia. Accorda le tue idee
  17. Regione Sardegna. Un processo partecipativo per progettare lo sviluppo locale
  18. Cagliari. Contratto di quartiere a Borgo Sant’Elia

Solo per allargare leggermente il quadro elenchiamo sotto, tre tra le decine di progetti svoltosi in vari Paesi europei:
IBA (Internationale Bau Ausstellung 2006 – 2013 – Mostra Internazionale di Costruzione ed i connessi laboratori partecipati per la riqualificazione di alcuni quartieri di Amburgo –
Malmoe Green Capital – in particolare il lavoro di riqualificazione del vecchio porto industriale Wastra Hamen
Friburgo Città del Sole – Si veda in particolare il lavoro del Freiburg Future Lab

L’esperienza della Regione Toscana

Come accennato nella introduzione, ci concentreremo in questo contributo sul caso della Toscana sul tema partecipazione.

Il 18 novembre 2006, presso il grande padiglione della fiera di Marina di Carrara 408 persone, distribuite attorno a 48 tavoli, sono impegnate a discutere per l’intera giornata; ogni tavolo è assistito da un volontario che funge da facilitatore e scrive su un computer gli argomenti che via via emergono dalla discussione. Tutti i computer sono collegati in rete e i commenti provenienti dai tavoli arrivano a un gruppo di dieci volontari (la theme team) che li selezionano e, alla fine di ognuna delle tre sessioni, ne propongono una sintesi che viene proiettata sul grande schermo.

Subito dopo la stessa theme team formula alcune domande sui temi del dibattito (con risposte alternative predeterminate), a cui i partecipanti possono rispondere immediatamente grazie a un telecomando che ciascuno di loro ha a disposizione. I risultati del televoto sono subito riportati sullo schermo.

Al termine della giornata i circa 400 partecipanti avevano affrontato i tre temi previsti e avevano risposto con il televoto a 26 domande, di cui 7 nella fase introduttiva (caratteristiche delle persone presenti e loro motivazione), 4 nella fase finale (valutazione dell’evento) e 15 riferite al merito dei tre temi affrontati nelle tre sessioni. I partecipanti hanno ricevuto in serata un rapporto istantaneo con i risultati delle tre sessioni e delle votazioni.

La metodologia seguita in questa giornata è quella del 21th Century town meeting, messa a punto da America speaks1, e riproposta in Italia, con qualche adattamento, da Avventura urbana che, in questo caso, ne ha curato la preparazione e la gestione. Si tratta di uno strumento particolarmente potente perché consente a un alto numero di partecipanti di esprimersi, ragionare tra di loro a piccoli gruppi e, alla fine, di prendere posizione con il voto. Non è come una classica assemblea dove pochi parlano e molti ascoltano, non sempre attentamente e non sempre comprendendo; non è come un referendum in cui tutti votano, ma senza aver discusso. E’ uno strumento di democrazia deliberativa2. Nel corso della giornata è emersa dai tavoli qualche critica verso questa impostazione, giudicata troppo rigida, e soprattutto verso alcune domande che erano parse estemporanee rispetto alla discussione. Ma alla fine, il 74% si è detto molto o abbastanza soddisfatto del metodo adottato; e l’85% ha risposto che lo strumento del Town meeting “potrebbe essere utile per definire altre questioni di interesse collettivo”.

Il Town meeting di Marina di Carrara è caduto a metà strada di un processo partecipativo promosso dalla Regione Toscana per elaborare una legge regionale sulla partecipazione.

Le fasi trasversali del processo

Quello che ci interessa sottolineare qui, è come i processi sopra elencati, risultino avere, secondo una analisi condotta da Scintille.it, una serie trasversale di fasi, ognuna delle quali può essere sollecitata, animata e gestita utilizzando alcune strutture cooperative.

Le fasi individuate sono:

1. Conoscenza reciproca dei partecipanti
2. Definizione degli obiettivi (negoziare aspettative)
3. Approfondimento di contenuti tecnici (scientifici o legislativi)
4. Proposta di emendamenti, soluzioni, impegni (elaborare azioni)
5. Scelta delle azioni e integrazione delle stesse in un piano (scegliere, decidere e organizzare le scelte)
6. Monitoraggio di risultati e di processi
7. Festeggiamento circa i risultati (senza sottacere i problemi e le criticità, anzi avanzando nuove soluzioni)

Le tecniche e le strutture cooperative

Elenchiamo sotto a mo’ di esempio, alcune tecniche cooperative, che si sono rivelate molto utili per gestire le 7 fasi definite sopra.

1. Conoscenza reciproca – Let me introduce (presentazione a coppie e poi allargata) oppure Create la vostra nazione – Mix Freeze, Pair, Share (modificato per la presentazione)
2. Porre gli obiettivi (negoziare aspettative) – Controversia
3. Approfondire contenuti tecnici (scientifici o legislativi) – Group InvestigationRound Table – Intervista a tre passi, il Jigsaw nelle sue varie versioni e le varie tecniche di Student Team Learining sono in genere molto efficaci per focalizzarsi e non disperdersi nello studio e negli approfondimenti.
4. Proporre emendamenti, soluzioni, impegni (Azioni) – Brain storming problem solving
5. Scegliere e integrare in un piano. Spend a buck – Uso del framework Business Model Canvas modificato, tecniche di Decision Making, Blackboard share
6. Monitorare tramite report individuali e di gruppo, stesi e discussi periodicamente in base ad un template condiviso e precedentemente creato con lavoro di gruppo. La discussione può avvenire tramite tecniche quali Uno a casa, due- tre in viaggio…
Per la discussione in generale, ini questa o in altre fasi, si rivelano utili: Rocket 1,2,3 … e le tecniche di Circle Time
7. Festeggiare – qui la fantasia si può davvero sbizzarrire, l’importante è celebrare i risultati, sottolineare gli obiettivi raggiunti grazie al lavoro cooperativo, riconoscere le abilità sociali coinvolte nei partecipanti, elencare criticità e sottolineare potenzialità di cambiamento.

Secondo il modello utilizzato nella città di Malmoe per la sua conversione da città industriale in green Capital europea, un’ottava fase del processo partecipativo dovrebbe essere aggiunta, loro la indicano con Scaling Up, o in alcuni contesti con Dreaming.
Noi potremmo tradurla con lanciare nuove sfide, azione che risulta essere particolarmente utile per sostenere l’empowerment e raggiungere nuovi obiettivi, spesso anche oltre gli elementi contingenti nati attorno al processo partecipato di natura istituzionale. Molti gruppi Agenda 21 locali3 ad esempio, continuano in questo modo ad essere un pungolo propositivo per le Amministrazioni locali.

Ci dedicheremo in alcuni prossimi articoli ad illustrare le varie tecniche cooperative per ognuno dei processi sopra elencati.
Le considerazioni critiche sulle esperienze richiedono poi una approfondita analisi che affronteremo nel corso del prossimo articolo.

Qui basti dire che il fenomeno in atto, l’approccio partecipativo alla governance, propone luci ed ombre, rischi e opportunità, ma che laddove le amministrazioni dimostrano la volontà di imboccare la strada della partecipazione, i vantaggi non mancano, sia per loro stesse, che per le comunità. Chi coinvolge, con serietà d’intenti, i cittadini nel governo della cosa pubblica, nelle scelte collettive si avventura dunque in terra perigliosa. Come ogni esplorazione, però, i grandi rischi che si corrono sono giustificati dai tesori che si trovano. Ci vuole coraggio, visione, volontà di innovare. E, a ben cercare, in effetti, i tesori non mancano.
E’ una terra da esplorare, e gli strumenti cooperativi appaiono essere tra i più adatti per orientarsi.

Note

1. America Speaks è stata una organizzazione senza scopo di lucro, con sede a Washington D.C., la cui missione era quella di “coinvolgere i cittadini nelle decisioni pubbliche che hanno un impatto la loro vita.” Il lavoro di AmericaSpeaks si è concentrato sul tentativo di creare opportunità per i cittadini di influenzare le decisioni e per incoraggiare i funzionari pubblici a rendere circostanziate e condivise alcune decisioni che possano durare a lungo. America Speaks ha sviluppato e metodi facilitativi e deliberativi, come il 21st Century Town Meeting, che consente la facilitazione della discussione da 500 a 5.000 partecipanti. Carolyn Lukensmeyer è il presidente e fondatore di AmericaSpeaks. I suoi partner sono stati enti di pianificazione, locali, regionali o statali, enti governativi nazionali, e organizzazioni internazionali. I problemi affrontati hanno spaziato dalla riforma della sicurezza sociale, alla riqualificazione del Ground Zero a New York alla ricostruzione di New Orleans.

2. “deliberazione” (dal verbo inglese to deliberate) non significa la decisione, ma la valutazione approfondita attraverso la discussione e il confronto fra punti di vista diversi. Nei processi di democrazia deliberativa il confronto deve essere strutturato con modalità che facilitano l’ascolto reciproco e il dialogo fra attori con punti di vista diversi. È orientato a “mettere alla prova” gli argomenti, conducendo gli interlocutori ad apprendere nuove informazioni, a considerare nuove angolature del problema e a scoprire aree di interesse comune. In ultima istanza può generare delle alternative, inizialmente non prospettate, per la soddisfazione degli interessi. È un approccio complesso che non va confuso con la consultazione pubblica: questa si limita all’espressione di un pubblico indistinto su opzioni costruite a priori e va ascritta agli strumenti di democrazia diretta (come i referendum). Tratto da: http://www.avventuraurbana.it/index.php/servizi/democrazia-partecipativa/

3. Agenda 21 è un documento di intenti ed obiettivi programmatici su ambiente, economia e società sottoscritto da oltre 170 paesi di tutto il mondo, durante la Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo (UNCED) svoltasi a Rio de Janeiro nel giugno 1992. – Nel capitolo 28 si legge “Ogni amministrazione locale dovrebbe dialogare con i cittadini, le organizzazioni locali e le imprese private e adottare una propria Agenda 21 locale. Attraverso la consultazione e la costruzione del consenso, le amministrazioni locali dovrebbero apprendere e acquisire dalla comunità locale e dal settore industriale, le informazioni necessarie per formulare le migliori strategie”.L’Agenda 21 locale può in questo modo essere definita come un processo, condiviso da tutti gli attori presenti sul territorio (stakeholder), per definire un piano di azione locale che guardi al 21° secolo. Tratto da: http://www.minambiente.it/pagina/cose-lagenda-21

Sitografia e riferimenti bibliografici essenziali

– Arena, G. (2005). Cittadini attivi, Bari: Laterza, 2005.
– Bobbio, L. (a cura di) (2007) Amministrare con i cittadini. Viaggio tra le pratiche di partecipazione in Italia. Università Degli Studi Di Torino Dipartimento Di Studi Politici
– FONDACA (Fondazione Cittadinanza Attiva) – Active Citizenship Network, (2006). Carta Europea della cittadinanza attiva (2006). Vienna, s.e.
– Mastrandrea, F.R. – Santini, F. (2012). Education for Sustainable Development. A Tool to design training courses. Prefazione di Edo Ronchi. Lecce-Brescia: Pensa Multimedia editore.
– Parlamento europeo e Consiglio Europeo (2006). Competenze chiave di Cittadinanza, Raccomandazione del 18 Dicembre 2006. on line available.
– Pavan, D. – Santini, F. (2013). Co-operative Learning and Education for Sustainable Development. In Journal of Co-operative Studies, 46:2, Autumn 2013: 57-61 ISSN 0961 5784
– Toffol, F. – Valastro, A. (2012). Dizionario di Democrazia Partecipativa. Regione Umbria, Centro Studi Politici e Giuridici.
– Wilkins, A. (2011). “Co-operative Learning – a Contextual Framework”, Journal of Co-operative Studies, 44:3, December 2011.

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