IL MIUR, la scuola, gli alunni con B.E.S.: la nuova via italiana per l’esclusione?

Le recenti disposizioni MIUR riguardanti gli alunni con B.E.S. – Bisogni Educativi Speciali – o – S.E.N., special education needs -e cioè la Direttiva del 27.12.2012 e la C.M. n. 8 del 6.03.2013- data la loro importanza e complessità, necessitano di una essenziale presentazione e nel contempo inducono ad alcune osservazioni e riflessioni riferibili a più livelli problematici. Il seguente contributo si colloca nell’ottica di una migliore comprensione dei suddetti documenti ministeriali.

A. Il quadro normativo

Il 27 dicembre 2012 il MIUR, dopo averla pubblicizzata in un Seminario Nazionale tenutosi a Roma il 6 dicembre, emana la Direttiva, a firma Profumo, denominata “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica“,a cui fa seguire il 6 marzo 2013 la C.M. esplicativa n. 8 con le opportune “indicazioni operative“. La Direttiva, com-prendente una Premessa e n. 2 paragrafi con sottoarticolazioni, assume come idea-guida il concetto che la tradizionale classificazione tra alunni disabili e alunni non disabili parzialmente rispecchia la complessa realtà delle nostre classi. Ogni alunno infatti, e non soltanto i soggetti certificati, può manifestare bisogni educativi speciali per fattori psicologici, socio-ambientali, apprenditivi, ai quali è necessario dare risposte educative personalizzate. Tale impostazione rafforza il paradigma dell’in-clusione erga omnes e richiama la responsabilità della scuola ad affrontare le problematiche dello svantaggio e dell’insuccesso in ambito psicopedagogico e non soltanto dentro una dimensione medico-clinica. Muovendo da tale scenario valoriale, la Direttiva individua ed indica alcune linee di cambiamento non più rinviabili: *potenziamento della cultura dell’inclusione; *ri-qualificazione degli insegnanti curricolari; *valorizzazione della funzione del docente di sostegno, quale risorsa aggiuntiva per tutta la classe; *sviluppo di ulteriori modelli organizzativi – sia didattici, sia procedurali – per rispondere alle nuove sfide. Sfide che provengono da questa platea di alunni, connotata da “svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici (non solo D.S.A., ndr), difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse (stranieri, ndr)”. Tra le strategie di intervento vengono enfatizzati: *l’aggiornamento dei docenti, già avviato nell’a.s. 2011/12, con 35 master universitari in “Didattica e psicopedagogia dei disturbi specifici di apprendimento” *il rinnovato ruolo dei C.T.S. – Centri Territoriali di Supporto -,a livello provinciale, con compiti di consulenza,di formazione del personale, di sinergia con i servizi socio-sanitari delle ULSS *la predisposizione di un portale come ambiente di apprendimento-insegnamento e scambio di informazioni e consulenza.

La successiva C.M. n. 8 interviene, con proposte operative, su *l’elaborazione del P.D.P.- Piano Didattico Personalizzato, non riservato soltanto agli alunni D.S.A., A.D.H.D *l’utilizzo delle 2 ore di insegnamento della seconda lingua comunitaria per potenziare le competenze di lingua italiana degli stranieri *la costituzione nelle scuole del  Gruppo di lavoro per l’inclusione- GLI -, con funzioni di monitoraggio, programmazione, coordinamento delle azioni formative * il Piano Annuale per l’Inclusività, da redigere entro giugno per tutti gli alunni con BES e da inviare all’Ufficio Scolastico Regionale (in questo a.s. 2012/2013, l’adempimento è stato sospeso con Nota Miur del 27 giugno- da leggere, per opportuna meditazione!). *il potenziamento dei C.T.I.- Centri Territoriali di Inclusione che operano a livello di prossimità delle scuole, in dimensione sub-territoriale.

B. I livelli problematici: riflessioni

1. Livello funzionale-organizzativo

Le molteplici articolazioni dei servizi già previsti – CTS, CTI, GLIP (Gruppo di lavoro interistituzionale provinciale), GLIR (Gruppo di Lavoro Interistituzionale Regionale), GLHO (Gruppo di lavoro per l’handi-cap operativo)…- a cui deve affiancarsi il GLI, Gruppo di lavoro per l’inclusione, derivante dal GLHI- Gruppo di lavoro e di studio d’Istituto, marcano ancora una volta una frammentazione di poteri e di competenze, la cui logica è quella di gerarchizzare le funzioni. Non ci si pone il problema che ogni Organismo ha poi bisogno di personale qualificato in grado di svolgere al meglio i compiti assegnati. In fondo a tale complessità si scorge la singola Scuola che, attraverso il Piano Annuale per l’inclusività, dovrà chiedere le risorse di sostegno all’ Ufficio Scolastico Regionale, in base alle quali si provvederà “ad un adattamento del Piano“. E’ chiaro, da questa sequenza, che le risorse non saranno mai sufficienti a coprire i bisogni. Intanto i diversi organismi produrranno progetti, indicazioni, strumenti, materiali e quant’altro, impegnando molteplici professionalità. Buon senso avrebbe suggerito di snellire questa esondante architettura organizzativa.

2.Livello psicopedagogico

L’accorpamento proposto delle tre aree – della disabilità, dei disturbi evolutivi specifici e dello svantaggio socio-economico…- risponde più ad una visione di razionalizzazione delle problematiche scolastiche, che ad un impegno ad elevare la qualità degli interventi nei singoli ambiti. E’ sufficiente dedurlo dal fatto che il Capitolo “Formazione” della Direttiva informa su accordi/convenzioni con l’Università (si badi con “Università che si renderanno disponibili a tenere i corsi”) per l’attivazione di Corsi di perfezionamento e/o Master, eludendo il problema della formazione a scuola, cioè in situazione, con fondi dedicati ed obbligatoria per il personale (ma su questo versante l’appello è sempre quello alla disponibilità delle persone di buona volontà, senza alcuna ricaduta a livello contrattuale e a livello di responsabilità di ogni Collegio Docenti nel promuovere i piani di formazione in servizio).

Inoltre non convince l’inclusione nei BES dell’area dello svantaggio socio-economico, in quanto rischia di essere considerata solo come un problema di emergenza didattica e non anche di spessore socio-educativo. Ovviamente la scuola non può non programmare interventi personalizzati per questi alunni, modulando la sua offerta formativa sui bisogni del territorio, evitando di essere essa stessa incubatrice di disagio, ma a questa area andrebbero dedicate anche altre attenzioni, in rete con ULSS, Enti locali, Agenzie, Associazioni professionali, specialmente se si tratta di alunni stranieri e nomadi (questi ultimi scomparsi dall’orizzonte Ministeriale). E poi chi l’ha detto che l’area dello svantaggio socio-economico interessa soltanto questa fetta di popolazione? E gli autoctoni, cioè i nativi del territorio, che nella scuola cercano occasioni di riscatto sociale, a compensazione di precarie condizioni socio-familiari? Infine la categoria personalizzazione che pervade i documenti, da estendere a tutti gli studenti in difficoltà, secondo i principi della L. 53/2003, con il corredo del PDA – Piano Didattico Personalizzato – rischia di diventare strumento di “esclusione” e non di “inclusione”, se alla base non si persegue l’obiettivo, anche istituzionale, di protocolli didattici “personalizzati” per tutti gli alunni. Ma questa è un’impresa titanica, con le classi al limite della numerosità, con l’insegnamento sempre più frontale, con le scarse risorse del POF per una progettazione aggiuntiva.

3. Livello della professionalità docente
Si ripete l’invito ad utilizzare tutte le risorse professionali disponibili a livello territoriale e di scuola, a partire dai docenti di sostegno, tralasciando di evidenziare due criticità: a) ogni anno il numero dei non specializzati è sempre cospicuo, b) gli insegnanti di classe hanno maturato la diffusa convinzione e pratica che gli alunni disabili e/o con deficit, non sono “affare” loro, con una delega sempre più forte ai colleghi di sostegno. I quali, secondo le indicazioni ministeriali, dovrebbero trasformarsi in “tuttologi”, fermo restando, ribadisce il MIUR, che il problema dei BES appartiene a tutto il Consiglio di Classe e al Team. E qui si chiude il “cerchio magico”, con una constatazione: viviamo immersi in una sorta di “bolla mediatica”, che moltiplica etichette, paradigmi, neologismi, dirottando la nostra attenzione pedagogica dai fatti alle sigle. Sembriamo appagati dai nuovi formulari, che poi si traducono in pagine e pagine di progetti universalmente condivisibili, ma spesso poco praticabili. Il confronto didattico si trasferisce dalla cifra esistenziale, incarnata nelle persone, nei loro bisogni, nelle loro aspettative, nelle loro emozioni, agli input di un linguaggio pedagogico senza vita. E’ questo il nostro destino di educatori?

Noi di Scintille.it siamo convinti che ognuno di noi è la scuola che vorrebbe e che proprio a partire dal dare credito al “buon senso” professionale possiamo intraprendere due azioni:

1. dar vita un movimento educativo, sociale, politico ed economico che si occupi di cittadinanza attiva, coesione di comunità, identità e appartenenza, garantendo la reale relazione con le famiglie ed il territorio,

2. dare un segnale di resilienza attiva rispetto ad ogni proposta, per mettere sempre e comunque la persona e la sua crescita al centro del nostro fare educativo.

Nota bibliografica

1.Rossi V. (2013), B.E.S.: questi sconosciuti?, in , n. 7- Euroedizioni – Torino

2.MIUR (2012), Focus del 6 dicembre 2012 – Bes e dintorni- Roma

3. MIUR (2013), P.A.I., Piano Annuale per l’Inclusività, Nota n. 1551/27 giugno, Roma

4. MIUR(2012), La via italiana all’inclusione scolastica, Valori, problemi, prospettive, Seminario nazionale, 6.12.2012, Roma – slide

5. Caponi B.(2012), Apprendimento, DSA e mappe concettuali come mediatori didattici- Conegliano- -slide

6. Ricciardi A. (2013), Il gran caos dei bisogni speciali, in Itali As Renee noted, “It’s time to stop waiting for others to give us permission, give us opportunities, or give us our due.” Anything else is teacher leadership light aOggi, n., 149 del 25 giugno

7. Tabarelli S.,Pisanu F. (2013), Elementi generali di approfondimento sui Bisogni Educativi speciali nel contesto italiano, I quaderni della ricerca n. 3- Loescher- TO

8. Ianes D.(2005), Bisogni educativi speciali e inclusione, Erickson, TN

Articolo precedente
Alzati e condividi (Stand up & share)
Articolo successivo
Discussione tra frutti: condividere in e tra gruppi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.

Formazione