Prove di democrazia a scuola

Da molti anni Scintille.it è attenta ad una riflessione sull’Educazione Civica / Educazione alla Convivenza civile / Cittadinanza e Costituzione insomma a ciò che rende la Scuola palestra di Vita e gli studenti Cittadini responsabili. Ripubblichiamo questo interessante excursus storico di Ludovico Di Iovine relativo a come questo argomento sia evoluto dalla sua nascita al 2012 ed in futuro vari contributi sul tema. Quale risonanza hanno dentro di noi? Che effetto ci fanno?

L’insegnamento dell’educazione civica ha oltre 50 anni, non sono pochi i dubbi, le perplessità, le riserve, in merito alla consistenza, ai contenuti, alla stessa pratica, di questo fondamentale “insegnamento” che ha assunto nel tempo denominazioni diverse: Educazione civica (Moro), Educazione alla convivenza civile (Moratti), Cittadinanza e Costituzione (Gelmini).

L’ambiente scolastico potrebbe sicuramente offrire occasioni per “imparare la democrazia”;  a scuola si elaborano progetti, si prendono decisioni, si stabiliscono regole, si eleggono rappresentanti di gruppi, si contrappongono dialetticamente opinioni, si stabiliscono relazioni simmetriche e asimmetriche che poggiano su un reticolo di ingredienti costituenti la democrazia: la partecipazione in primis.
Tuttavia la partecipazione degli studenti all’attività degli organi collegiali della scuola e  alle  assemblee di classe e d’istituto, nella secondaria di secondo grado, prevista dai decreti delegati (1974), dopo un iniziale entusiasmo nella seconda metà degli anni settanta e negli anni ottanta, non ha fornito ad oggi, generalmente, prove convincenti. In molti casi la presenza degli studenti non è andata oltre la passiva ratifica di decisioni prese altrove oppure ha segnato un rifiuto degli spazi stessi che nasce dalla mancanza di una dialettica effettiva e vitale tra docenti, alunni, genitori, dirigente, organi collegiali. L’andamento spesso improduttivo delle assemblee di classe e d’istituto è motivo per considerarle “una perdita di tempo” piuttosto che occasione  per interrogarsi sull’assenza di percorsi di formazione alla partecipazione e alla progettualità degli studenti come impegno di tutti.

Un po’ di storia

 L’educazione civica è stata introdotta dal DPR   n. 585 del 13 giugno 1958: due ore mensili, nell’ambito dell’insegnamento di Storia, “mezza materia”, con un solo voto, senza, dunque, un effettivo accertamento delle competenze acquisite.
Nei programmi della scuola media (1962 e 1979) e nei programmi della scuola elementare (1985) si parla, sia pure marginalmente, di educazione alla convivenza democratica.
Con sintesi magistrale Luciano Corradini annota: “I Decreti delegati del ’74 cercarono di piegare la scuola ad esigenze di partecipazione e di protagonismo giovanile, aprendo qua e là varchi ai problemi esistenziali, sociali e politici, che trovarono poi legittimazione attraverso le educazioni  degli anni ’80 e ’90. Perno istituzionale di questa proposta trasversale  è stata una legge apposita, la 162 del ’90, varata per porre argine alla diffusione della droga, attraverso l’educazione alla salute: di fatto       però questa legge aprì le porte ad una lettura più ampia del mondo giovanile e della società contemporanea. I progetti Giovani, Ragazzi 2000, Genitori, in assenza di  riforme  della scuola secondaria superiore, introdussero il concetto di PEI, progetto educativo d’istituto, divenuto poi POF, e diedero una spinta all’autonomia scolastica. (…) Con i ministri  Berlinguer, De Mauro e Moratti, sono venuti in primo piano, con l’autonomia, a partire dal DPR 275/1999, i problemi della riforma dei cicli, ossia degli ordinamenti e del complesso dei programmi: i saperi e le competenze  presero il posto delle educazioni  e del protagonismo giovanile” (“Topologik”, n. 6, 2009).
Con il ministro Moratti, sulla base della legge delega 53 del 28 marzo 2003, è stata proposta l’Educazione alla convivenza civile articolata in sei educazioni (alla cittadinanza, alla sicurezza stradale, all’ambiente, alla salute, all’alimentazione, all’affettività), senza, tuttavia, prevedere uno spazio curricolare autonomo.

Le Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione, licenziate nel settembre 2007 dal ministro Fioroni, contengono affermazioni di principio di notevole respiro in merito ai fondamentali compiti della scuola nel riconoscimento e potenziamento della centralità della persona che apprende e nella costruzione di una nuova cittadinanza unitaria e plurale ad un tempo: “Insegnare le regole del vivere e del convivere è per la scuola un compito oggi ancora più ineludibile rispetto al passato (…) In quanto comunità educante, la scuola genera una diffusa convivialità relazionale, intessuta di linguaggi affettivi ed emotivi, e è anche in grado di promuovere la condivisione di quei valori che fanno sentire i membri della società come parte di una comunità vera e propria. La scuola affianca al compito dell’insegnare ad apprendere quello dell’insegnare a essere. (…) Il sistema formativo deve formare cittadini in grado di partecipare consapevolmente alla costruzione di collettività più ampie e composite, siano esse quella nazionale, quella europea, quella mondiale”.
Con la legge 169 del  30 ottobre 2008  il ministro Gelmini ha introdotto un “oggetto curricolare” denominato “Cittadinanza e Costituzione”, al posto dell’Educazione civica, ma senza uno “spazio” dedicato; la scuola, infatti, deve assicurare: “nel primo e secondo ciclo, l’acquisizione delle conoscenze e competenze relative a Cittadinanza e Costituzione, nell’ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale e del monte ore complessivo previsto per le stesse” (art. 1).
Dunque, l’Educazione civica, entrata nella scuola per iniziativa del ministro Aldo Moro (1958),  ripresa con il nome di Educazione alla convivenza civile dalla Legge 53/2003 (Moratti), “scomparsa” nelle Indicazioni (Fioroni), ricompare sotto forma di Cittadinanza e Costituzione  con la Legge 169/2008 (Gelmini), senza orario e senza voto.
La formazione del cittadino, nonostante l’universale accordo sulle sue importanti finalità, nella vita scolastica è finita, paradossalmente, in un angolino, nell’angolino delle cose di cui, per tacita intesa, non si parla. Eppure occuparsi della formazione civica significa occuparsi delle finalità educative di tutta la scuola.

La rappresentanza

La presenza e la partecipazione degli studenti negli organi collegiali della scuola, in quasi un quarantennio, non ha prodotto generalmente prove esaltanti né è stata tenuto in conto e valorizzata. In realtà, nonostante retoriche e demagogiche dichiarazioni circa la centralità dell’alunno, la scuola fa poco per costruire partecipazione e favorire un sano protagonismo degli alunni in classe, nell’istituto, nella vita civile.
La più generale vicenda della rappresentanza degli studenti nei Consigli di classe e d’istituto si riflette sulla “storia” delle Consulte Provinciali degli Studenti (CPS), un organismo composto da due rappresentanti  per ogni istituto superiore prima designati e, successivamente, (DPR 156/99) eletti.
Osservando retrospettivamente le attività realizzate dalle Consulte sul territorio nazionale  sembra che una maggiore operosità e incisività si sia avuta in relazione a proposte e progetti promossi da studenti di grande qualità magari con responsabilità nella Giunta o come presidenti. La sfida era e resta come esercitare la cittadinanza attiva, in modo diffuso, in quanto studenti in una scuola che, con l’autonomia, interagisce con il territorio. Sicuramente in questi anni le Consulte si sono fatte via via meglio conoscere nelle scuole e nel territorio. Tuttavia è mancata continuità sia per una generale scarsa attenzione verso l’apporto propositivo dei giovani sia per motivi strutturali legati al rinnovo pressoché totale a scadenza della composizione dell’organismo provinciale.
L’istituzione delle Consulte, la formalizzazione della Conferenza nazionale dei presidenti delle CPS, lo Statuto delle Studentesse e degli Studenti (DPR 249/1998), la costituzione del forum delle associazioni studentesche (30/09/1999), dovevano rappresentare l’occasione perché lo spontaneismo studentesco, il movimento, potesse incontrare le istituzioni nel più ampio processo dell’autonomia scolastica. Del resto l’autonomia della Consulta era ed è assicurata anche dall’autonomia gestionale per la messa a disposizione di specifici fondi.
L’esperienza di questi anni ha dimostrato che lo sviluppo ed il consolidamento della progettualità e della partecipazione degli studenti, lo stesso esercizio della rappresentanza, hanno il loro fulcro nell’aula e  nelle scelte pedagogiche e didattiche che caratterizzano il lavoro quotidiano a scuola. La crescita della volontà di partecipazione ai vari organismi come alla vita della scuola e alla vita civile, dipende, inoltre, da una pluralità di soggetti: dai dirigenti scolastici, sempre più importanti nel qualificare la scuola dell’autonomia; dai direttori amministrativi; dai docenti referenti incaricati dei rapporti con gli studenti; dagli Enti Locali, per il ruolo sempre più incisivo che assumono nella definizione dell’offerta formativa territoriale.
Sicuramente il risultato più importante in oltre quindici anni di attività delle CPS è stato l’aver consentito a centinaia di studenti di sperimentare la democrazia imparando ad ascoltare, ad esercitare la leadership, ad assumere decisioni, a gestire i conflitti. E tuttavia occorre interrogarsi ancora su alcune questioni non meramente procedurali: come avviene il coinvolgimento degli studenti nella stesura del Piano dell’Offerta Formativa? Come sono stati riscritti i Regolamenti d’Istituto alla luce dello Statuto e con quale coinvolgimento degli studenti? Quante scuole consegnano di anno in anno ai nuovi iscritti copia dello Statuto? Quanto è conosciuta la Consulta e la sua attività nelle scuole? Quale raccordo esiste tra Consulta, Consigli d’Istituto e altri spazi di partecipazione previsti? Al momento, come vari monitoraggi evidenziano, resta aperta la questione di una piena applicazione dello Statuto delle studentesse e degli studenti, di un utilizzo coerente delle opportunità offerte dal DPR 567/96 sulle Attività integrative e complementari proposte dagli studenti, e , più in generale, sul ruolo degli studenti nella scuola dell’autonomia. E’ necessario oggi impegnarsi per una formazione ad hoc per gli studenti rappresentanti nei vari organismi (Consulta, Consigli d’Istituto, Consigli di classe) e più in generale per una formazione di tutti gli studenti sull’uso degli spazi di partecipazione. Tuttavia, sottolineo ancora,  è  in aula che quotidianamente tale formazione va trasversalmente sollecitata trovando il modo di sviluppare insieme capacità progettuali e gestionali fondamentali, per gli studenti come per i docenti, nella costruzione della scuola dell’autonomia e per un effettivo esercizio della cittadinanza.

La partecipazione

La sensazione diffusa è che, esauritasi la spinta propulsiva iniziale (anni ‘70 e ’80), la partecipazione degli alunni agli spazi di democrazia e alla vita della scuola si sia sostanzialmente affievolita e divenuta via via meno incisiva fino a ridursi a un mero assistere allo sciorinamento di decisioni assunte da altri e cioè da una ristrettissima oligarchia di cui fanno parte il dirigente e un numero ristretto di docenti. Da molti anni la partecipazione degli alunni (ma anche, spesso, dei docenti e dei genitori)  è  solo formale, di facciata. Manca un impegno serio nella programmazione di percorsi di formazione alla partecipazione e alla progettualità degli studenti come compito di tutti i docenti in una dimensione trasversale alle discipline; chi nella scuola ha a cuore la crescita civile e democratica non potrà non segnalare costantemente agli studenti che i loro diritti e i loro doveri, ben indicati negli artt. 2 e 3 dello Statuto (DPR 249/1998), costituiscono aspetti sostanziali della cittadinanza studentesca. Con l’autonomia scolastica si è pensato si potesse finalmente “agganciare” il percorso riformatore ai bisogni formativi espressi dagli studenti. Non a caso nella elaborazione del Piano dell’Offerta Formativa è previsto il coinvolgimento degli studenti: “Ogni istituzione scolastica predispone, con la partecipazione di tutte le sue componenti, il Piano dell’Offerta Formativa (…) tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni anche di fatto dei genitori e,  per le scuole secondarie superiori, degli studenti” (art. 3 del DPR 275/1999). Coerentemente lo Statuto delle Studentesse e degli Studenti della scuola secondaria codifica il diritto dello studente ad operare nella comunità scolastica con pari dignità, pur nella diversità dei ruoli, alla partecipazione attiva e responsabile alla vita della scuola, a proporre e discutere  con i docenti ed il dirigente le scelte di programmazione degli obiettivi didattici. Ma se sul piano normativo il diritto/dovere dello studente ad un impegno propositivo nella scuola è ben chiaro in realtà le prassi registrate sono di altro segno; varie indagini sulla costruzione del POF, ad esempio, evidenziano la partecipazione di gruppi di docenti e del dirigente e l’assenza di un apporto significativo degli studenti. Ciò  è in contrasto con l’impianto normativo della scuola dell’autonomia e tradisce il fondamentale riconoscimento dello studente come titolare di un diritto soggettivo all’istruzione-formazione e non solo di un interesse legittimo all’istruzione.
La scuola può fare scelte sul piano formativo e organizzativo tendenti a valorizzare la partecipazione, la propositività, la progettualità degli studenti assumendoli come coautori dei processi di insegnamento-apprendimento. In aula: scelte pedagogiche e didattiche come l’apprendimento cooperativo, la didattica laboratoriale, la ricerca-azione, la peer education, il contratto formativo, la figura dello studente tutor, la ricerca di un metodo di studio efficace, ecc.; nell’istituto: costituzione di commissioni miste (docenti, studenti) per l’uso didattico della biblioteca e dei laboratori, visite guidate, monitoraggio e valutazione delle iniziative, iniziative di formazione dei rappresentanti degli studenti nei vari organismi.

Indagine: Il senso di cittadinanza e di convivenza civile

 L’introduzione dell’educazione alla Convivenza civile con la cosiddetta “Riforma” Moratti (2003) fu sostenuta da varie iniziative tra le quali la pubblicazione di un numero monografico degli “Annali dell’istruzione” (n. 4, 2005) che, oltre a contributi teorici ed alcuni esempi di unità di apprendimento, restituisce gli esiti dell’indagine “Il senso di cittadinanza e di Convivenza civile negli studenti di scuole secondarie di II grado milanesi” a cura di Micaela Barnato, Maria P. Gardini, Dario Corsini. La ricerca, muovendo dalla consapevolezza che la scuola costituisce un contesto privilegiato per lo sviluppo di abilità sociali e la costruzione di identità, intende accertare come i giovani studenti percepiscano il senso di cittadinanza, la coscienza civica e la convivenza civile. Le variabili individuate dalla ricerca sono: a) area della coscienza civica e cittadinanza; b) la partecipazione; c) il senso di appartenenza alla scuola e al territorio; d) la percezione della scuola come comunità. L’indagine ha coinvolto un certo numero di studenti (60) e di docenti incaricati dell’insegnamento dell’educazione civica (15), tre per ogni scuola campione. Gli studenti, nelle risposte alle domande riferite a “che cosa pensi sia la coscienza civica?” e “che cosa vuol dire per te essere cittadino?”, appaiono piuttosto disorientati:  non solo non riescono a proporre definizioni, neppure riescono ad esprimere con chiarezza le intenzioni sottese.  Quanto all’area della partecipazione, l’interpretazione prevalente è riferita all’esserci, al far parte per esigenze di carattere personale, molto meno al partecipare a momenti di aggregazione collettiva come la pace, l’ambiente; la maggioranza degli studenti attribuisce poco significato all’essere presenti e attivi nelle assemblee e negli organi di rappresentanza mentre la partecipazione alle iniziative organizzate dalla scuola vede un certo interesse per quelle extra-curricolari nonché per forme di associazionismo non meglio precisate. Nelle risposte relative all’appartenenza prevale l’accezione di appartenenza vissuta come dimensione privata verso il gruppo di amici o di gruppi di interesse nonché verso la famiglia: solo pochi si esprimono in termini di appartenenza ad una comunità, locale e nazionale, più ampia e con valori comuni. Allo stesso modo nelle riposte riferite all’area del senso di comunità a partire dalla domanda “che cosa è per te una comunità?” la maggior parte degli studenti intervistati (75%) rinvia a “gruppo di persone” accomunati da interessi e punti di vista non riuscendo a includersi in qualcosa di più ampio e complesso, con regole e valori identificabili, in ambito territoriale e storico. Le risposte degli studenti rappresentanti di istituto si differenziano leggermente e denotano una certa maggiore consapevolezza. Nelle note conclusive i ricercatori evidenziano: “La prima percezione che emerge dall’analisi complessiva dei questionari è un atteggiamento che si potrebbe definire di sorpresa rispetto agli argomenti proposti, una sorta di disorientamento di fronte alle domande più teoriche. (…) Tutto viene quindi riportato all’esperienza diretta e la proprio campo d’azione (…)  la scuola luogo d’incontro con i coetanei, innanzitutto, il che motiva poco e saltuariamente a interessarsi delle sue problematiche, mentre essa diventa significativa rispetto ai momenti di espressione di sé. (…) Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia; i ragazzi sentono la mancanza di spazi di respiro, chiedono di discutere, confrontarsi con i compagni  e con adulti capaci di essere obiettivi, il che – affermano i ragazzi – non accade” (“Annali dell’istruzione”, cit. pp.131-132).

Indagine: La Costituzione a scuola

 L’inchiesta di “Proteo Fare Sapere”, avviata nel febbraio 2010, ha coinvolto ben 7000 studenti di licei, istituti tecnici e professionali, di dieci regioni, e si colloca  a distanza di  circa un ventennio da analoga inchiesta svolta nel 1988, a cura di A. Ardigò e C. Cipolla. Il raffronto degli esiti consente di apprezzare i mutamenti intervenuti nel rapporto tra giovani e istituzioni, tra giovani e politica, e nella conoscenza e adesione ai valori enunciati dalla Costituzione. L’indagine, secondo i curatori, ha trovato nuovi motivi d’interesse e di dibattito alla luce della CM 86 del 27 ottobre 2010 su Cittadinanza e Costituzione. “E’ del tutto evidente che i temi relativi alla cittadinanza e alla Costituzione sono tali da coinvolgere trasversalmente tutte le discipline, dovendo essi caratterizzare l’offerta didattica complessiva e persino il ‘modo d’essere’) di ogni scuola; è, però, altrettanto evidente che la Costituzione ‘vive’ tra i giovani anche attraverso la trasmissione di specifiche nozioni relative ai suoi contenuti e ai suoi valori. Il rischio, per l’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione, è che dalla fase di sperimentazione  si passi ben presto ad una progressiva emarginazione: una parabola già vissuta, in passato, per l’insegnamento dell’Educazione civica. I dati presentati in questo rapporto, decisamente allarmanti, ci dicono che questo rischio bisognerebbe evitare di correrlo: nell’interesse dei nostri giovani e della nostra democrazia” (La Costituzione a scuola, a c. di A. Santori e G. Lopez,  2011, p. 2). Negli ultimi anni è percezione comune, non solo degli addetti ai lavori, l’incombente rischio di un affievolimento progressivo del sentire civico e degli ideali democratici. Le risultanze dell’indagine  lo confermano: “Dall’analisi dei dati non emerge un quadro confortante circa la conoscenza della Costituzione da parte degli studenti della nostra scuola secondaria superiore. Al massimo un 35% tra gli studenti è sufficientemente informato su di essa; ma più probabilmente tale quota è realisticamente inferiore: solo il 13,8% afferma infatti di conoscerla (molto o abbastanza) bene. Si osserva, all’opposto, una quota, che sembra molto più consistente, di studenti che hanno una conoscenza estremamente insufficiente, se non addirittura nulla, del dettato costituzionale; tale quota potrebbe oscillare tra il 40 e il 55% circa (è la percentuale di coloro che non ne possiedono una copia, che non sanno quali siano i temi trattati, che non sanno chi l’abbia approvata, che non sanno che cosa sia, che ammettono esplicitamente di non conoscerla). Fa particolarmente impressione constatare che alla domanda se la Costituzione si occupi di fascismo e antifascismo solo il 45,2% risponde affermativamente, il 35,8% risponde negativamente ed il 18,9% afferma di non saperlo. In discussione non è, dunque, soltanto (ma non è poco!) la conoscenza della Costituzione, ma anche la conoscenza della storia (non più tanto recente) della nazione e della Repubblica. Sorge spontaneo il dubbio che scuola e mass media non assolvano a quelli che possono (o devono) essere i loro compiti in proposito. Non si tratta soltanto di carenza di informazioni. Si assiste, piuttosto, ad una divaricazione, ad una lontananza fra mondo delle istituzioni e della politica (di cui anche la Costituzione fa parte) e universo culturale dei giovani. Fra i due ambiti la comunicazione è veramente scarsa: la Costituzione paga, per così dire, le conseguenze di questa situazione. Essa non è più riconosciuta come una parte della storia collettiva del Paese, come una tappa fondamentale di un percorso storico-sociale nel cui alveo anche le giovani generazioni sono collocate. Tuttavia, stando ai dati, non sembra esservi , da parte dei giovani, un atteggiamento di ostilità pregiudiziale nei confronti di istituzioni e politica, bensì un’accentuata lontananza” (La Costituzione a scuola, cit., p.15).  Volendo, in forte sintesi, tracciare un profilo del giovane studente che ha fornito risposte al questionario si può affermare con i curatori dell’ampia indagine: “Il messaggio costituzionale di libertà e di pari dignità dei cittadini di fronte alla legge e allo Stato sembra resistere e raccogliere significativi consensi, la dimensione economico-sociale della democrazia, la partecipazione dei lavoratori e il ruolo dello Stato nel controllare gli eccessi della liberalizzazione mercantile non suscitano particolari entusiasmi. Si confermano, cioè, le tendenze che apparivano già chiare all’Ardigò del 1988, quando a commento della sua indagine osservava. ‘Un’idea complessiva che viene suggerita dai dati è che, nei confronti di questi giovani vi sia un passaggio del testimone, da parte delle generazioni adulte, poco efficace, proprio su alcune delle prospettive di democrazia sociale che avevano scaldato il cuore delle persone e delle forze sociali, culturali e politiche che al grande compromesso della Costituzione avevano fornito il loro non comune impegno’ (A. Ardigò – C. Cipolla, La Costituzione e i giovani,  p.122).  (…) Una democrazia che si basa su un ‘popolo’ sempre più inteso come somma di individui; ‘popolo’ che diventa ‘gente’, cioè insieme di individui sempre meno partecipi di identità e interessi di carattere collettivo, ma molto attenti alla difesa di libertà e diritti dei singoli” (La Costituzione a scuola, cit., pp. 17-18).

Che fare

Occorre, ritengo, dimostrare con i fatti, giorno per giorno, che i pareri degli alunni, le loro proposte, sono oggetto di un ascolto reale favorendo momenti e spazi in cui possano realmente confrontarsi. La centralità dell’alunno nel processo formativo, in una scuola autenticamente orientata allo/dallo studente, richiede scelte pedagogiche e didattiche quali la contrattualità formativa, l’elaborazione condivisa del POF, metodologie di tipo interattivo e cooperativo, la condivisione e l’applicazione non formale dello Statuto delle studentesse e degli studenti nella scuola secondaria, la peer education, l’autonomia dell’alunno come risultato atteso. Molti docenti, a conclusione di corsi di formazione svolti in Cooperative learning si sono mostrati ben consapevoli della notevole valenza pedagogica e, si vorrebbe dire, civile dell’apprendimento cooperativo per educare alla convivenza e alla cittadinanza. Questa metodologia,  infatti, favorisce lo sviluppo delle competenze sociali, del senso civico, del rispetto dell’altro, della partecipazione, della responsabilità, e sembra capace di dare risposta positiva ad alcune importanti questioni quali: l’inclusione di allievi in situazione di svantaggio; il recupero degli allievi problematici, poco motivati nello studio e con problemi sociali e cognitivi di apprendimento; la valorizzazione degli allievi “bravi”.
L’introduzione dell’educazione alla Convivenza civile, con il ministro Moratti (2003), ha, tra
l’altro, sollecitato la progettazione di Unità di apprendimento riferite alle sei educazioni, ricondotte
appunto alla Convivenza civile. In questo ambito non pochi sono stati i contributi significativi tuttora di grande interesse: Cristanini D. (a c. di), Le unità di apprendimento (2004); Baldacci M., Unità di apprendimento e progettazione; Ellerani P. – Pavan D., Manuale per la realizzazione di Unità di apprendimento , (2006), (cfr. in particolare “Identità civica: la responsabilità e l’appartenenza. La democrazia in classe”, pp.246 e segg.)
A proposito della costruzione delle competenze di cittadinanza, Gianni Di Pietro, in modo convinto e convincente, osserva: “Praticare il cooperative learning nelle aule diventa anche scuola concreta di democrazia, una sorta di educazione civica diffusa, applicata e ‘praticata’ dentro le classi ogni giorno. Allena, nel concreto dei processi quotidiani, a diventare cittadini consapevoli di una forma di governo che, per funzionare al meglio, ha appunto bisogno della responsabilità e della partecipazione di tutti ad un livello il più elevato possibile. In questo senso, l’apprendimento cooperativo risponde anche ad una carenza effettiva della nostra società italiana, la quale a molti osservatori appare sempre più spesso nella necessità, per dirla con il titolo dell’opera di un insigne giurista e Presidente emerito della Corte Costituzionale, di “imparare la democrazia”. Per effetto di questo contesto generale che il cooperative learning sa creare e del modo di apprendere che esso implica e che può essere facilmente applicato a tutte le questioni e a tutti i materiali che riguardano la cittadinanza, lo stesso studio della Costituzione e dell’organizzazione del nostro Stato può cambiare profondamente di segno: da un insieme di nozioni che lasciano il tempo che trovano e che vengono presto dimenticate, come purtroppo assai spesso è accaduto nei decenni passati, ad un sistema di conoscenze pratiche e di valori che può venire radicato non solo nel tempo presente (e offrire una bussola nel modo di affrontare i problemi complessi) ma anche nella vita di ogni giorno dei ragazzi stessi” (Gianni Di Pietro, Il Cooperative learning al servizio del biennio dell’obbligo, in Internet URL: www.apprendimentocooperativo.it).

Per non concludere

Siamo in una fase storica, che ha avuto inizio alla fine degli anni ottanta,  in cui, per varie ragioni, molto diffuso è il disorientamento, la diffidenza verso la politica e le istituzioni, le resistenze ad un impegno serio per il bene comune. Appaiono oggi sempre più chiare le ragioni dello scollamento fra la dimensione sociale della democrazia e un forte individualismo che è nutrito “sinergicamente” da un contesto sempre più “liquido”, che nel nostro Paese prende anche il nome di mafie, corruzione, evasione fiscale. Il vero dramma dei nostri tempi potrebbe essere vedere morire la speranza, i sogni, le idee di cambiamento, per un sentimento diffuso di impotenza. La formazione di cittadini consapevoli e capaci di convivere democraticamente “arranca”, l’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione, come si è visto, rischia di “evaporare” per più motivi. La scuola che è momento fondamentale del “sistema di cittadinanza” sembra cedere sempre più spazio al grande potere (dis)educativo della produzione culturale di massa che ai giovani, e non solo, si rivolge in quanto consumatori e “clienti”.
Non è facile. La scuola di Barbiana, per essere chiari, rappresenta un esempio compiuto di cosa significhi promuovere cittadinanza attiva e responsabilità intesa come ottemperanza ai propri doveri. Ma, poiché la figura di don Lorenzo Milani, pur avendo ispirato e ispirando ancora oggi l’azione di molti educatori, lascia tanti altri impermeabili all’esempio, occorre creare condizioni più ampie e diffuse, “oggettive”,  perché la formazione civica e la cittadinanza attiva si affermino e si sviluppino a scuola e nella vita sociale.
Nell’orizzonte del possibile, dunque, tre sembrano gli impegni da assumere responsabilmente e costruttivamente: 1. conoscenza e scambio delle buone pratiche realizzate da non poche scuole nell’ambito della formazione all’esercizio della cittadinanza attiva; 2. adozione di modalità metodologiche e didattiche capaci di favorire lo sviluppo di una diffusa mentalità partecipativa; 3.  formazione dei docenti sui temi della cittadinanza, con metodologie appropriate che favoriscano l’acquisizione di conoscenze trasformative. La scelta  della formazione dei docenti appare  ancora una volta decisiva e strategica in un necessario piano nazionale che comporti un sostegno adeguato alle iniziative che le scuole autonome, anche consorziandosi, potranno programmare.

 Normativa di riferimento

• DPR 10 ottobre 1996, n. 567, Regolamento recante la disciplina delle iniziative complementari e delle attività integrative
• DPR 24 giugno 1998, n. 249, Regolamento recante lo Statuto delle studentesse e degli studenti della Scuola secondaria
• DPR 8 marzo 1999, n. 275, Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche
• DPR 9 aprile 1999, n. 156, Regolamento recante modifiche ed integrazioni al DPR 10 ottobre 1996 n. 567
• Direttiva MPI su Cittadinanza democratica e legalità prot. n. 5843 del 16 ottobre 2006
• DPR del 21 novembre 2007, n. 235, Regolamento che apporta modifiche ed integrazioni al DPR 24 giugno 1998, n. 249, concernente Lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria (art. 5 bis, Patto educativo di corresponsabilità)
• DPR 29 novembre 2007, n. 268, Regolamento recante modifiche ed integrazioni al DPR 10 ottobre 1996 n. 567
• Legge 30 ottobre 2008, n. 169, recante disposizioni in materia di istruzione e di università
• CM 11 dicembre 2008 n. 100, Prime informazioni sui processi di attuazione (…) Legge 30 ottobre 2008, n. 169
• Documento d’indirizzo MIUR del 4 marzo 2009, prot. n. 2079, per la sperimentazione dell’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione
• CM 27 ottobre 2010, n. 86, Indicazioni per l’attuazione dell’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione per l’a.s. 2010/2011

Bibliografia di riferimento

• Dino Cristanini  (a c. di), Le unità di apprendimento, Fabbri, Milano,  2004
• Massimo Baldacci, Unità di apprendimento e programmazione, Tecnodid, Napoli, 2005
• AA.VV., Indagine. Il senso di cittadinanza e di convivenza civile negli studenti di scuole secondarie di II grado milanesi, in “Annali dell’istruzione”, n. 4, 2005
• Piergiuseppe Ellerani – Daniela Pavan, Manuale per la realizzazione di Unità di apprendiemento, SEI, Torino, 2006
• Gustavo Zagreblesky, Imparare la democrazia, Einaudi, Torino, 2007
• Luciano Corradini, L’educazione civica: nomi, ordinamenti e contenuti nei provvedimenti dei ministri Moratti, Fioroni, Gelmini, in “Topologik”,  n. 6, 2009
• Aldo Santori – Gennaro Lopez, (a c. di), La Costituzione a scuola. Un’inchiesta di “Proteo Fare Sapere” tra gli studenti delle scuole secondarie di II grado,  Ediesse,  Roma, 2011

ludovicodigiovine@alice.it

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