Cos’è il Problem Based Learning – Apprendimento Basato sul Problema 2 parte

Problem Based Lerning – Apprendimento Basato sul ProblemaPREMESSA

L’esemplificazione di attività che segue è organizzata nel rispetto delle fasi previste dall’Apprendimento Basato sul Problema così come sono state strutturate da Howard S. Barrows e Robyn M. Tamblyn dell’Università di Mc Master,nello stato dell’Ontario, in Canada e la sua struttura è tratta daThe tutor in PBL

INTRODUZIONE

Si propone ora, a titolo di chiarificazione, un’attività realizzata in una prima classe di una scuola primaria statale della città di Bologna, nel corso dei primi giorni successivi all’avvio dell’anno scolastico.

L’esempio si riferisce ad un’attività di PBL applicata all’ambito “Cittadinanza e costituzione”.

Si pone in evidenza come tale ambito disciplinare sia previsto non solo per la scuola primaria e secondaria di primo grado, ma anche per la scuola secondaria di secondo grado. Ciò consente di assumere tale attività come modello esportabile, fatti salvi i necessari adeguamenti, in ogni classe del sistema scolastico nazionale.

LA SUCCESSIONE DELLA FASI PREVISTE DAL PBL ATTRAVERSO UN ESEMPIO NELLA SCUOLA PRIMARIA

(nel corso della successiva esposizione ci si è riferiti all’utenza primaria di una classe utilizzando sia i termini connotati per generi, che, a volte, usando il solo genere maschile al plurale, inteso come rappresentativo delle due categorie)

1. IDENTIFICARE IL PROBLEMA

L’ATTIVITÀ

Gli studenti assumono il problema e ne discutono.
Possono essere tentati di risolvere il problema subito e spesso hanno bisogno di essere incoraggiati a pensare più profondamente su “perché”, “come” e “quando”.
Esempio di applicazione
È iniziata la scuola, le bambine ed i bambini formano una nuova classe.
In aula c’è confusione, non si riesce a parlare ed a muoversi agevolmente, i bambini si lamentano della confusione.

Il maestro prepara un setting d’aula tale da ottenere la disposizione dei banchi “a ferro di cavallo”, avvia quindi un’attività dialogata stimolando la classe a rispondere al alcuni domande. “Perché c’è confusione?”, “Come si fa confusione?” “Quando c’è confusione?”. Le risposte della classe sono varie, ma in accordo tra loro e possono essere riassunte nelle seguenti.”Perché ognuno fa quello che vuole e non pensa agli altri”.”Perché parliamo, urliamo, ci muoviamo, ci urtiamo, litighiamo, facciamo rumore”. “Quando entriamo in aula, ma anche mentre lavoriamo”.

Il maestro annota le domande proposte alla classe e le risposte ricevute.

2. ESPLORARE LA CONOSCENZA PREESISTENTE

LA RELAZIONE TUTOR – CLASSE

Nell’avviare questa seconda fase del processo, al fine di favorire la costruzione costruire un repertorio condiviso di significati, è opportuno che l’insegnante tutor guidi la classe a chiarire il significato dei termini utilizzati nel problema.

LA CLASSE

Gli studenti naturalmente partono da una base di conoscenze pregresse, molte delle quali derivano da esperienze tratte dai loro personali percorsi di vita. Risulta pertanto utile riferirsi ad essi, poiché si acquisiscano più facilmente nuovi saperi quando questi si innestano all’interno di un corpo di conoscenze pregresse.

Questa seconda fase permette dunque agli studenti di accedere consapevolmente ed in modo rispettoso della propria storia, alla personale comprensione del problema. Ciò consente loro di avviarsi gradualmente lungo il percorso di apprendimento sia in vista di una crescita personale, che, che al fine della successiva migliore interazione con il gruppo.

IL TUTOR

È necessario che i tutor garantiscano che tutti gli studenti partecipino a questa fase, per favorire i processi di riflessione di ogni singolo studente e per consentire al gruppo di disporre di un maggior quantità di contribuiti.

Nel corso di questo passaggio il docente tutorpotrebbe ritener utile contribuire per qualche misura alla comprensione del problema da parte del gruppo. Tuttavia in questa fase è opportuno che si limitino ad usare la propria conoscenza solo al fine di garantire che gli studenti non si orientino verso direzioni improduttive in prospettiva del successivo passo.

Esempio di applicazione

Il maestro chiede quindi alla classe di spiegare in primo luogo il significato di alcune parole a cominciare da “confusione”.
L’insegnante propone lo stesso stimolo ad ogni componente della classe ed invita tutti ad ascoltare la risposta.
Le risposte che giungono dalle bambine e dai bambini tendono a descrivere “confusione” come “Non si capisce niente”, “Non si riesce a fare niente”,“Non si riesce a parlare”, “Non si riesce a sentire quello che gli altri ti dicono”, “Non riusciamo a muoverci”.
L’insegnante chiede allora alla classe di chiarire il significato di “Capire”. Le risposte raccolte sono non distanti da “Sapere cosa dice o cosa fa un altro”, sapere cosa devo fare o cosa devo dire io”.
Il dialogo prosegue e il maestro chiede ora di spiegare il significato di “Litigare” e di “Lavorare”.
Le risposte alla prima domanda sono simili a ”Urlarsi in faccia”, “Farsi dei dispetti”, ma anche “Picchiarsi” o “Non essere più amici”.
Quelle alla seconda sono prossime a “Fare quello che ci piace”, “Fare quello che dicono i maestri”, “Aiutare la mamma o il papà”.
Il maestro annota ogni risposta.
Quindi chiede alle bambine ed ai bambini se quando erano alla scuola materna c’era “Confusione”, se nelle loro case c’è “Confusione” o se nei luoghi che frequentano c’è “Confusione”.
Le bambine ed i bambini riportano i propri vissuti dai quali emergono le loro precedenti esperienze.
Queste perlopiù riportano situazioni all’interno delle quali hanno occasionalmente incontrato la “Confusione”.
Il maestro registra le risposte costruendo una mappa cognitiva che raccoglie quanto la classe riferisce anche in forma di disegni.
La classe si esprime liberamente, ogni intervento è considerato ed accolto.
Il maestro ribadisce la raccomandazione che quanto riferito da ognuno non sia, in questa fase, oggetto di critica da parte delle compagne e dei compagni ma, semmai di richieste di chiarimento.

3. GENERARE IPOTESI E POSSIBILI SOLUZIONI

LA CLASSE

Sulla base della precedente attività dialogata, gli studenti generano ipotesi relative alla natura del problema, comprese le modalità di soluzione.

IL TUTOR

In questa fase è importante che il docente tutor si affianchi agli studenti per evitare che incorrano nell’errore di cercare immediatamente la soluzione a scapito dell’approfondita valutazione degli elementi del problema.

L’obiettivo è di ottenere che gli studenti si concentrino sulla comprensione
dei concetti fondamentali che sono presenti nel problema analizzato e ciò richiede
che esso sia approfondito.

Il tutor dovrà condurre l’attività in modo che tutti gli studenti siano impegnati in questo passo e che le ipotesi di soluzione generate possano essere poste in relazione agli obiettivi di apprendimento richiesti dal problema.

Esempio di applicazione

L’insegnante tutor invita la classe a formulare ipotesi di soluzione utili a risolvere le criticità individuate nella fase precedente.
Il maestro pertanto chiede ad ognuno “Cosa si deve fare per togliere dalle classe la confusione?”.
Ogni risposta al precedente stimolo, è accolta.
Anche in questa fase la classe è invitata a non esprimere alcun giudizio, positivo o negativo, sulle risposte fornite dalle compagne e dai compagni.
Le soluzioni sono annotate in ordine di formulazione.
A seguire ne è presentata un selezione ordinata”.
“Si fa il bravo/a”; “Si aiutano gli altri”; ”Ci si comporta gentilmente”; “Si dice per favore e grazie”; “Si chiede permesso”; “Se c’è un problema, si va dal maestro”; “Si sta più zitti”; “Non si urla”; “Non si picchia”; “Non si spinge”; “Non si va in giro”; “Non si prendono le cose degli altri”; “Non si lanciano le cose”.

4. IDENTIFICARE I PROBLEMI DI APPRENDIMENTO

L’ATTIVITÀ

Le domande che non trovano risposte nella conoscenza presente all’interno del gruppo consentono di individuare le aree di apprendimento da potenziare.

Queste, come sarà reso evidente nell’esempio, possono essere gestite per mezzo di un’attenta indagine.

LA CONDUZIONE DELL’ATTIVITÀ

Giunti a tal punto, sarà ormai diventato chiaro agli studenti quali siano i loro bisogni d’apprendimento sia come gruppo, che come individui.

La corretta realizzazione di questa fase richiede al tutor un notevole lavoro. È necessario infatti che supporti il gruppo inesperto ad individuare problemi di apprendimento chiari e definiti. Dovrà porre domande ben indirizzate, che ancora una volta si riferiscano alla struttura globale del problema, non solo mirate alla sua soluzione.
Queste domande saranno la base di ricerca da cui partiranno gli studenti per acquisire le risorse e le informazioni.

Se le domande saranno chiare e ben formulate, potrà essere evitato moltodisorientamento.

Si tenga presente come al termine dell’analisi gli studenti dovranno identificare e comprendere i concetti importanti contenuti all’interno del problema.

Esempio di applicazione

L’insegnante avvia un’ulteriore fase di attività dialogata nel corso della quale chiede alla classe quali problemi impediscano di realizzare le soluzioni emerse.
“Avete detto tante cose, quali sono le più difficili da fare e perché?”.
Ogni bambina ed ogni bambino, a turno, riferisce alla classe quali sono a suo parere gli obiettivi più difficili da raggiungere e quali sono le cause che determinano tale difficoltà.
Il maestro annota ogni risposta costruendo una griglia all’interno della quale aggrega le soluzioni ipotizzate ed i problemi ad esse associate.
In base all’analisi delle risposte viene scelta la migliore ipotesi di soluzione del problema.
“Comportarsi tutti nel migliore dei modi”

5. STUDIO INDIPENDENTE

LE OPZIONI DI CONDUZIONE DELL’ATTIVITÀ

L’insegnante responsabile della conduzione dell’attività dovrà decidere come organizzare la fase di auto apprendimento, se chiedere che l’intero gruppo classe affronti ogni aspetto del problema preso in esame o se, invece, sia opportuno suddividere la classe in gruppi, ad ognuno dei quali attribuire alcune aree del problema.

Se il tutor opterà per la precedente possibilità, i materiali prodotti da ogni singolo gruppo dovranno essere condivisi con tutti i gruppi nei quali è organizzata la classe, affinché ogni alunna ed ogni alunno possa utilizzare ogni materiali prodotto dal gruppo classe.

CRITICITÀ

Se le bambine ed i bambini indirizzano la propria attenzione sulle aree d’indagine a loro più prossime, il tutor dovrà affiancarli e favorire il sorgere in loro della coscienza di come sia più utile lavorare all’interno degli ambiti nei quali il bisogno di apprendimento è più alto.

L’insegnante tutor dovrà prevedere di mettere a disposizione della classe una opportuna quantità di tempo da utilizzare nell’attività di studio autonomo prima di proporre il successivo passo del percorso.

A livello delle classi finali della scuola primaria, nella scuola secondaria di primo e secondo grado, ma anche per il ciclo di studi universitari, questa fase richiede l’impegno della maggior quantità di tempo all’interno del percorso educativo previsto dal modulo di PBL.

Risulta fondamentale perciò che il programma del progetto educativo utilizzi il tempo necessario per realizzare questo passo cruciale del processo e non comprima perciò l’attività degli studenti.

Esempio di applicazione

Concluse le prime fasi dell’attività nel corso di un’unica sessione, l’insegnante organizza le seguenti.
Il giorno successivo il maestro realizza un setting d’aula ad isole, ognuna delle quali è composta da quattro banchi, la classe è quindi organizzata in gruppi di quattro componenti e ad ognuno è affidata una postazione.
Il docente tutor affida a tutti i gruppi la medesima consegna.
“Parlate tra di voi per decidere cosa si deve fare perché non ci sia più confusione”
La classe, organizzata in gruppi cooperativi, affronta i problemi irrisolti contenuti nell’ipotesi di soluzione selezionata, prova ad immaginare cosa fare ed a prevedere cosa di conseguenza accadrebbe.
L’insegnante si muove tra le isole di banchi, per orientare la discussione, fornire esempi, gestire in modo positivo gli eventuali conflitti sorti tra i componenti del gruppo
L’attività prosegue per il tempo necessario.
Se opportuno, si possono destinare risorse di tempo aggiuntive, anche distribuite in giornate successive.
È inoltre possibile chiedere alle bambine ed ai bambini di parlare in famiglia di questa attività e di chiedere consigli da riportare nelle attività d’aula.

6. RE-VALUTAZIONE ED APPLICAZIONE DI NUOVE CONOSCENZE AL PROBLEMA

L’ATTIVITÀ

Un passo molto importante nel processo di PBL si verifica quando il gruppo allargato si riunirà, dopo aver dedicato il tempo necessario alle attività di apprendimento, relative alle aree del problema individuate in precedenza.

Giunti a questo punto del percorso, difatti, gli alunni potranno applicare al problema di partenza le nuove conoscenze e il nuovo livello di comprensione dei suoi elementi, ricavati dalle sessioni di studio individuale organizzato per gruppi svolte in precedenza e proporre le proprie ipotesi di soluzione.

IL FINE DELL’ATTIVITÀ

Il compito dell’insegnante tutor in questa fase del processo sarà di favorire l’impegno attivo degli studenti e di sostenerli nell’utilizzo delle loro nuove conoscenze, affinché, giova ripeterlo, possano utilizzare quanto appreso per riorganizzare la comprensione del problema di partenza e proporre ipotesi di soluzione.

CONSIDERAZIONI

Appare evidente come ricercare, operare con nuove informazioni, metterle in discussione, applicarle, riflettere sulle modalità utilizzate, consenta di costruire un patrimonio di sapere consapevole, generato da un percorso di apprendimento attivo e sia perciò preferibile ad applicare mnemonicamente procedimenti ricevuti, per semplice trasmissione, dall’insegnante o da un testo.

L’AZIONE DELL’INSEGNANTE TUTOR

L’insegnante tutor dovrà affiancarsi alle alunne ed agli alunni e sostenere, se necessario, le loro esposizioni in modo da evitare che presentino delle”mini-lezioni”.

Piuttosto, il docente conduttore dell’attività incoraggerà le bambine ed i bambini a porre domande e a rispondere a quanto è loro chiesto, al fine di condividere con l’intera classe gli apprendimenti acquisiti nel corso dello studio individuale.

La classe potrà essere così posta nelle condizioni di disporre pienamente degli elementi da applicare al problema.

Risulta molto importante per un tutor infine, monitorare la quantità di tempo impiegata dagli studenti per condurre a termine la fase del processo nella quale si trovano. Questo dato potrà essere successivamente utilizzato sia dal gruppo degli studenti nella fase di metacognizione, che dal docente nel momento della valutazione del processo.

Esempio di applicazione

I gruppi comunicano al maestro un elenco di “idee” da seguire, nel corso dei successivi anni, dalle quali far discendere le azioni opportune ed argomentano le ragioni a sostegno delle proprie proposte.
La classe chiede chiarimenti ed i gruppi forniscono argomenti a sostegno delle proprie scelte..
L’insegnante avvia quindi una conversazione con la classe al fine di rendere evidenti le eventuali ripetizioni.
Al termine di questa, i concetti simili vengono accorpati.
L’insieme dei principi proposti come soluzione del problema di partenza è quindi presentato alla classe.
Il maestro subito dopo chiede che ogni bambina ed ogni bambino, se d’accordo, ponga il proprio “segno” (firma o simbolo) nel retro del foglio che verrà infine affisso alla porta dell’aula.
I principi assunti come risolutivi del problema “confusione” sono
Migliora te stesso.
Migliora gli altri.
Migliora il mondo.

7. VALUTAZIONE E RIFLESSIONE SULL’APPRENDIMENTO

METACOGNIZIONE

Prima che il problema possa essere considerato risolto e il percorso completato, è importante offrire alla classe l’opportunità di riflettere sul processo di apprendimento portato a termine.

Ciò comprende sia la revisione del percorso compiuto per individuare eventuali aree di miglioramento, sia la possibilità per i membri del gruppi di scambiarsi opinioni sull’utilità dei nuovi apprendimenti utilizzati per proporre soluzioni al problema iniziale e la riflessione su come i gruppi hanno lavorato.

La fase di riflessione e valutazione sul percorso di apprendimento riveste un peculiare significato formativo, poiché consente d’individuare ed intervenire sulle difficoltà in modo che queste non aumentino o si ripresentino.

Ciò perché le problematiche connesse ad un gruppo disfunzionale non possono che far apprezzare i benefici derivanti da frequenti e regolari controlli finalizzati a garantire il buon funzionamento del percorso d’apprendimento.

Esempio di applicazione

La classe si attiene ai principi selezionati e ne valuta l’efficacia.
Se necessario, nel caso si generi in aula una situazione di “confusione” il maestro interroga, individualmente le bambine ed i bambini o collettivamente la classe, ponendo domande quali “Questo che stai/state facendo, ti/vi fa diventare migliore/i?”. Oppure “Quello che stai/state facendo, fa diventare migliori gli altri?”. Ed infine “Se fai/fate così il mondo è più bello?”. Ascolta le risposte e, se necessario, formula nuove domande per guidare l’ulteriore riflessione verso i principi assunti come risolutivi del problema “Confusione”.
Trascorso qualche giorno dall’adozione de “I nostri principi” l’insegnante avvia, infine, l’ultima fase del percorso.
Costruito un opportuno setting d’aula, stimola la riflessione della classe sul percorso portato a termine ponendo domande simili a “Quale problema era entrato in aula?”; “Come avete fatto a capire cos’è la confusione”; ”Cosa avete fatto a far andare la confusione fuori dalla porta?”, “Come siete riusciti ad andare d’accordo?”.
L’insegnante pone le domande all’intera classe ma, invita a turno ognuno a rispondere.
Se è necessario fornire un supporto all’elaborazione della risposta, ricorre alle annotazioni effettuate nel corso dell’attività con richiami al percorso portato a termine simili al successivo “Qualcuno ha detto …”.

CONCLUSIONE

I principi dai quali far discendere i comportamenti a scuola sono affissi alla porta dell’aula, sono pochi, chiari e condivisi.
Ad essi si potrà ricorrere per l’intera durata della scuola primaria.
Non sono stati imposti dall’adulto, né dall’istituzione.
Essi sono il risultato di un percorso di costruzione partecipata.
Il processo d’apprendimento portato a termine nel corso della prima settimana di scuola ha offerto alla classe un modello operativo attivo, utile, coinvolgente, di ricerca, socializzante, creativo, validato, divertente, che potrà essere utilizzato in altre occasioni.

CONSIGLI VELOCI

Stimolare l’esame approfondito del problema, non la soluzione.
Utilizzare le conoscenze pregresse per formulare domande chiave, piuttosto che fare mini-lezioni.
Concentrarsi sulla comprensione dei concetti chiave.
Aiutare gli studenti a focalizzarsi sulle domande da ricercare.
Incoraggiare gli studenti ad evitare di ricercare all’interno della loro preesistente area di conoscenza.
Prevedere il tempo per la riflessione e la metacognizione.
Lavorare con le nuove conoscenze acquisite.

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