Alunni Rom, Sinti e Camminanti/RSC : una scolarizzazione a singhiozzo

La pubblicazione (2012) della Strategia Nazionale di Inclusione dei RSC, anni 2012-2020, a cura dell’UNAR, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziale, struttura della Presidenza del Consiglio, ha riaperto il dibattito sulle difficoltà che ancora incontra la popolazione nomade nei percorsi scolastici. Difficoltà non soltanto formative, ma anche di natura socio-economica, considerando il persistente stato di emarginazione e di precarietà lavorativa, a cui si aggiunge il fenomeno dei pregiudizi e degli stereotipi abbastanza consolidato nella nostra società. In questa dimensione, la Scuola potrebbe essere il principale strumento di discriminazione positiva e di inclusione sociale. Ma è proprio così ?

A. Una scolarizzazione incompiuta
Il Dossier del MIUR -ottobre 2014- “Gli alunni stranieri nel sistema scolastico italiano“, a cura del Servizio Statistico, ha quantificato, per l’a.s. 2013/2014, in 11.657 unità (- 5,6% rispetto all’a.s. 2007/2008) le presenze di alunni RSC nella scuola italiana: più della metà frequenta la Scuola Primaria, soltanto il 29,7% la Scuola Secondaria di 1° grado, mentre alla Scuola Secondaria di 2° grado, accede un esiguo 1,5%. È il segno di una scolarizzazione inadeguata, di un carente impegno delle Istituzioni, di un’azione sul campo ancora affidata alla buona volontà dei singoli operatori, sia scolastici, che del privato-sociale. Eppure le politiche e le azioni per garantire piena scolarità ai minori “nomadi” hanno avuto inizio molti anni fa. Ne tratteggiamo le fasi più significative.

1965: in base ad una Convenzione tra MPI, Opera Nomadi e Università di Padova, vengono istituite le classi dette lacio drom (“del buon cammino”). Si tratta di classi speciali di Scuola Elementare, inizialmente dentro gli edifici scolastici, per favorire la socializzazione, poi, in locali separati, causa la contrarietà dei genitori degli altri alunni. Vi insegnano docenti con competenze specifiche, quasi tutte donne. Ne vengono autorizzate 11, che nel 1976 diventano 60.

1974: una seconda Convenzione tra MPI e Opera Nomadi (18 dicembre), dichiara l’eccezionalità delle classi speciali e dispone l’inserimento dei minori rom nelle classi normali. Tuttavia le classi speciali rimangono come classi di recupero, per l’accoglienza dei soggetti in grave ritardo e/o con frequenza irregolare.

1982: una terza Convenzione tra MPI ed Opera Nomadi sancisce la definitiva soppressione delle classi speciali e l’utilizzo di insegnanti di sostegno per gli alunni in difficoltà.

1986: il MPI emana la C.M. 207/16 luglio “Scolarizzazione degli alunni zingari e nomadi nella Scuola Materna, Elementare e Secondaria di 1° grado“. È un documento fondamentale sul problema – e tale è rimasto fino ad oggi, ancorché datato – che chiarisce, senza equivoci di sorta, il diritto dei minori zingari/nomadi alla piena scolarizzazione. Affronta:

  1. questioni di principio: la scuola deve garantire le migliori condizioni educativo-didattiche per l’inserimento degli alunni rom/sinti, con il “massimo rispetto della loro identità culturale …”;
  2. questioni organizzative: le scuole possono presentare progetti, per il quali il MPI si impegna a nominare docenti titolari di DOA o insegnanti dell’art. 1 L. 820/1971. Presso i Provveditorati vengono costituiti i “Centri di competenze specifiche”, per il coordinamento degli interventi;
  3. questioni educativo-didattiche: le scuole, per rispondere ai bisogni di questi “soggetti svantaggiati sul piano socio-culturale”, debbono privilegiare criteri di flessibilità a livello organizzativo e didattico – classi aperte, gruppi di livello, materiali semplificati, metodologie attive ed una valutazione personalizzata.

2005: tra MIUR e Opera Nomadi viene sottoscritto un Protocollo di intesa-triennio 2005/2008. Il Documento, rinnovato per il triennio 2008/2011, impegna i due contraenti a contrastare il fenomeno dell’abbandono e della dispersione scolastica.

2007: nel CCNL Docenti 2002/2005, art. 9, si prevedono, tra gli incentivi destinati alle aree a rischio e a forte processo immigratorio, quote di finanziamento per le Scuole dove è maggiore la presenza di alunni nomadi.

2010-2014: il Miur e alcuni UU.SS.RR. promuovono iniziative nazionali di un certo spessore (Seminari, Convegni, Corsi di formazione…), anche in collaborazione con altri Ministeri e si apre la stagione dei Progetti Europei, affidati all’UNAR e all’ISFOL. Inoltre nelle Linee Guida per gli alunni stranieri e nei Documenti sull’intercultura, spazi specifici sono destinati agli alunni RSC, come pure negli annuali Report Statistici sulla popolazione con C.N.I. Indirettamente, in quanto non menzionati, gli alunni RSC entrano a far parte degli studenti con BES, nell’area dello svantaggio socio- economico- linguistico- culturale. Certamente, in questo faticoso processo di scolarizzazione, bisogna tener presente che: -molte famiglie, in situazione di deprivazione economica e di analfabetismo, incontrano numerosi ostacoli nel sostenere il percorso scolastico dei figli;

  • la scuola a volte è identificata come spazio privilegiato dei gagé (non rom), dove è difficile ricavare benefici in termini di riscatto sociale;
  • sul distacco dalla scuola pesa l’avviamento precoce al lavoro, ai mestieri e, per le ragazze, la cura del menage domestico, i matrimoni e le maternità precoci;
  • l’oralità come forma privilegiata di comunicazione, che valorizza la narrazione, la storia collettiva, l’evento e non trova spesso adeguati riscontri nel curricolo scolastico, curvato su pratiche scrittorie;
  • il senso”estremo” di libertà, con una diversa visione dello spazio (infinito) e del tempo (i cicli della natura),che contrastano con i riti e i ritmi dell’organizzazione scolastica.

Da parte sua, la scuola deve fare i conti con molteplici criticità:

  • pratiche di accoglienza non sistematiche, soprattutto in presenza di alunni giostrai, in frequente mobilità, con marginale valorizzazione della cultura dei RSC;
  • patto educativo con la famiglia non sempre condiviso, reso fragile dall’assenza di figure di Mediatori;
  • difficoltà di una clima costruttivo tra rom e gagé in classe, imputabili a problemi di identificazione culturale (pregiudizi, stereotipi, leggende metropolitane…), indotti dall’ambiente e dalle famiglie;
  • problematiche connesse con il curricolo scolastico non flessibile e con metodologie di insegnamento spesso astratte-frontali e non laboratoriali.

B. Le buone pratiche, nonostante tutto
Prima di documentare una selezione di best practices che Scuole, Enti e Associazioni hanno realizzato in questi anni, esplicitiamo alcune linee guida che possono costituire un utile orientamento per i percorsi curricolari dei docenti e per l’integrazione scolastica dei minori RSC:

  • progetti accoglienza, non limitati alle prime settimana di scuola, ma connotati come “didattica accogliente” per tutto l’anno scolastico;
  • azioni formative per la rimotivazione, per il rafforzamento dell’autostima, per lo sviluppo di abilità sociali, per il riorientamento;
  • laboratori linguistici, che alimentino la cultura orale, operando anche per il “mantenimento” della loro lingua il romanés quale strumento di valorizzazione dell’identità culturale,
  • utilizzo di testi di studio semplificati, che tengano conto non solo del background linguistico dell’alunno rom, ma anche e soprattutto del suo modo diffidente di rapportarsi con la scrittura;
  • laboratori di autobiografia, finalizzati a promuovere la narrazione del sé, a migliorare la percezione delle proprie potenzialità, ad attivare processi metacognitivi;
  • attività ludiche di letto-scrittura, decisamente ancorate alla cultura e agli stili di vita dell’alunno RSC;
  • coinvolgimento attivo delle famiglie, attraverso le figure dei Mediatori culturali e dei Facilitatori linguistici e attraverso corsi serali di educazione permanente presso i CTP/CPIA.
Soggetti Promotori  Titolo Progetto   Finalità/Contenuti/Azioni
 CSA(ora UST) di Padova (Gruppo pro- vinciale scolarizzazione alunni nomadi e zingari (2002) Vademecum informativo per l’accoglienza e la scolarizzazione degli alunni rom, sinti, attrazionisti/giostrai  Una guida che spazia dalle note storiche, alle indicazioni pedagogico- didattiche, alla presentazione di Convenzioni/Accordi. In appendice tre utili strumenti:
a. tabella per la rilevazione della frequenza giornaliera; b. tabella riassuntiva per la registrazione delle assenze-presenze;
c. registro “Curriculum scolastico”,utilizzabile per documentare il percorso scolastico degli alunni giostrai
 Rete Senza Confini per l’intercultura (Istituti Comprensivi Alta Padovana)- dal 2002 ad oggi  Seguendo fiere e sagre  Tutoring per alunni itineranti e per le loro famiglie;
Programmazione per obiettivi e contenuti minimi, dalla classe 1^ Primaria alla classe III^ Scuola secondaria 1°;
Collegamento con le scuole frequentate in itinere: registro itinerante;
Attività di formazione per i docenti;
Laboratori didattici, anche con la presenza di testimoni privilegiati
Opera Nomadi Nazionale-Roma (2014-2015)  Progetto Europeo RECALL: L’Olocausto dei RSC  Il progetto propone e promuove una riflessione storica sul Porrajmos, lo sterminio di ca. 500.000 nomadi, e prevede documentazione cartacea e multimediale, laboratori,seminari, mostre
Ministero Lavoro e MIUR, Annualità 2013/14 e 2014/15 Progetto nazionale per l’inclusione di bambini e adolescenti RSC (L.285/1977) Interventi per la scolarizzazione;
Azione di sostegno alle politiche abitative;
Laboratori didattici in scuole di 13 città italiane (Napoli, Milano, Venezia, Torino,Firenze,Reggio Calabria, Cagliari, Bari…)
UNAR, 2010
 Dosta, Basta!  Campagna di sensibilizzazione , a livello istituzionale, per contrastare e rimuovere i pregiudizi verso i RSC, promossa dal Consiglio d’Europa

In tale contesto, le metodiche del cooperative learning, nell’ottica dell’acquisizione di competenze sociali, possono costituire, per gli alunni nomadi e non, una risorsa per far maturare :

abilità che aiutano gli studenti a stare insieme in gruppo (comunicative e di gestione dei conflitti);

abilità che aiutano il gruppo a funzionare bene, rispetto alla realizzazione del compito (abilità di leadership);

abilità di apprendimento per comprendere il materiale fornito (strategie meta cognitive e di ritenzione mnemonica);

abilità di stimolo all’approfondimento e alla riflessione (porsi e porre domande,criticare le idee,differenziare opinioni). Inoltre, l’apprendimento cooperativo può rilevarsi una valida strategia in un curricolo di educazione interculturale (cultural inclusion), potendo affiancare metodi come il peer tutoring, il team learning, la peer mediation, che intervengono sui processi socio- emotivo- relazionali e favoriscono la cultura dell’inclusione, della coesione e dell’appartenenza. Si vedano a questo proposito le riflessioni di Isabella Pescarmona:

Febbraio 2015: Il diritto di parola e l’equità: qualcosa su cui discutere

Dicembre 2013: Educazione e giustizia sociale: una riflessione fuori moda?

Bibliografia

Bragato S.,Menetto L.(2007), E per patria una lingua segreta, Nuova dimensione.
Calabrò A.R.(2008), Zingari, Liguori;
Caritas Ambrosiana-Centro Come(2004), L’inserimento scolastico dei bambini Rom e Sinti, F. Angeli;
Pescarmona I. (2014), Status problem and expectations for competence: a challenging path for teachers, Education 3-13: International Journal of Primary, Elementary and Early Years Education, (nel numero speciale “Learning to Learn together: cooperation, theory and practice”), Taylor and Francis – Routledge
Pescarmona I. (2014), Learning to participate through Complex Instruction, Intercultural Education (nel numero speciale sull’apprendimento cooperativo)

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