Come fare con i comportamenti oppositivi- ribelli per non sentirsi stremati dai primi minuti?

Marzo: il mese in cui sbocciano le viole e in cui tutti i nodi della classe vengono al pettine! Giunti a questo punto dell’anno scolastico, infatti, chi ha in classe uno o più alunni oppositivi, in genere sente di aver già dato molto, è parecchio stanco, desidera ardentemente le vacanze pasquali.

Ma è possibile far fluire il fiume in piena, trovare degli argini potenti che permettano alla forza di quelle acque di trovare direzione?

Purtroppo, talvolta, il rapporto con un oppositivo si caratterizza come un rodeo in cui il “cavallo” non ha ancora incontrato la relazione con il suo cavaliere. Allora che fare?

Come in tutti i casi “difficili” la relazione è il passpartout. Ma ogni tipo di studente ha bisogno di una via d’accesso particolare. Qual è la strada che ci porta ad incontrare un oppositivo, anziché scontrarlo come il suo “agire copionale” vorrebbe? Quale tipo di relazione facilita l’espressione di sé e dei bisogni di entrambi (studente ed insegnante)?

Chi sono gli studenti oppositivi

Seguendo le indicazioni dello psicologo dell’educazione Jerome Brophy (cfr. Insegnare a studenti con problemi, 1999, LAS) è necessario distinguere i comportamenti oppositivi in tre tipologie di azione:

  1. I ribelli – provocatori, coloro che resistono con le parole e si oppongono sfidando;

  2. Gli ostili aggressivi, coloro che esprimono ostilità con comportamenti diretti e facenti uso della forza;

  3. I passivo-aggressivi, coloro che esprimono resistenza in maniera indiretta, intralciando il lavoro.

Ognuna di queste varietà sollecita e “gioca” con la rabbia propria ed altrui in maniere diverse. In questo contributo mi soffermerò sui ribelli e provocatori.

Come riconoscere gli studenti ribelli e provocatori

A diverse età questi ragazzi/e resistono verbalmente con frasi del tipo: “Non può dirmi quello che devo fare” oppure fanno commenti spregevoli sugli insegnanti, incuranti della differenza di ruolo.

A livello non verbale mimano l’insegnante, l’educatore o il genitore, ridono in momenti inopportuni, fanno apposta quello che l’adulto ha chiesto loro di non fare. Sono arrabbiati, permalosi e con facilità sono irritati dagli altri. Attivamente sfidano le richieste dell’adulto e di proposito disturbano altre persone tendendo a colpevolizzare gli altri per i loro errori o per le loro difficoltà. (Ibid. p. 78)

Strategie per gestire gli oppositivi provocatori

Le ricerche (Frick, 1994; Horne – Sayger, 1990) mostrano che questi comportamenti hanno alle spalle un modellamento genitoriale ambivalente: a volte autoritario e a volte eccessivamente permissivo che lasciano il ragazzo incerto su come essere apprezzato dai genitori. Da ciò nasce l’ignorare i desideri dei genitori e sfruttare le loro incoerenze.

Dunque, diventa molto utile il contatto costante la famiglia, non per lamentarsi del comportamento di Pierino, ma per affiancare i genitori nell’essere più autorevoli e nel comunicare con struttura e chiarezza le loro aspettative.

Agganciare lo studente in una relazione personale autentica, diventa un altro tassello che permette al ragazzo/a di avere l’opportunità di esprimere i suoi sentimenti ed anche il suo pensiero critico o i suoi dubbi. E per l’insegnante diventa l’occasione di mostrare alla classe che un intervento viene realizzato, senza però umiliare lo studente di fronte agli altri. Oltretutto, provare per credere, mortificare l’alunno ingaggerebbe certamente un braccio di ferro e otterrebbe solo svalutazione. Ragazzi che prediligono la sfida annusano l’aria e fiutano l’autenticità dei nostri sentimenti verso la loro crescita oppure verso il nostro desiderio di controllo. La prima, l’autenticità appunto, scioglie gli ostacoli; il secondo, l’esercizio di un potere, li amplifica.

Un altro strumento che ho trovato utilissimo è il buon, antico “rinforzo positivo” quando NON vengono messi in atto comportamenti problema. Ad esempio, al primo piccolo segnale di collaborazione con gli altri potrà essere efficace dare un feedback anche solo semplicemente descrivendo con le parole il comportamento adeguato o lodandolo. Ovviamente sarà necessario fare questo in privato, e non di fronte alla classe, altrimenti lo studente potrebbe interpretare le parole dell’insegnante come un attacco alla sua “facciata”, alla sua “fama” e riattivare il braccio di ferro.

In conclusione …

Questo fa capire allo studente che c’è calore ma anche struttura, inoltre aumenta la percezione di autoefficacia rispetto a comportamenti apprezzati.

In questi momenti a tu per tu, che possono essere trovati in Spazio Ascolto, in ricreazione o nei corridoio, si può avere occasione di dare istruzioni all’alunno sui modi di riflettere e di comportarsi per avere strategie alternative per raggiungere i propri scopi, annotare i progressi, definire le “nostre regole” e il loro senso.

Insomma, nella Comunità di apprendimento condividere il senso della regola diventa un indicatore di protezione per sé e per la collettività; ma anche uno strumento perché la libertà sia un processo condiviso e concertato.

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