La scuola che vogliamo costruire. Uno spazio di riflessione sulle nostre credenze

Quale scuola immaginiamo? Che tipo di cittadini vogliamo formare ed educare? Queste sono domande sempre più urgenti all’interno di un panorama politico che continua a lasciare poco spazio alla scuola pubblica e pare dimenticarsi che, “soprattutto nel contesto educativo, chi si propone di premiare il merito rischia di avvantaggiare chi è nato avvantaggiato” (Dallari, 2022), eludendo quanto già affermato nell’articolo 3 della nostra Costituzione: “E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Quale scuola, quindi, vogliamo costruire? E soprattutto, per chi?

Dati statistici nazionali ed internazionali evidenziano come l’Italia sia ancora complessivamente tra i paesi dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) con la più alta iniquità in termini di performance connessa allo status socio-economico e allo status di migrante (Malusà, 2019). Queste disparità richiederebbero fortemente alla scuola di promuovere una maggiore giustizia sociale nei percorsi di educazione (pubblica) per favorire una reale inclusione sociale fra diversi studenti, non limitandosi ‒ ora, come ai tempi di Lorenzo Milani ‒ a“far parti uguali tra diseguali”. Assumendo queste considerazioni (non neutrali) appare evidente come la scuola abbia bisogno che ogni docente sia

non solo preparato e competente nel gestire la complessità e la differenza (OCSE, 2012), ma soprattutto eticamente motivato, in modo che sappia attribuire un senso profondo a strategie e didattiche attive che diversamente sarebbero sterili (Malusà, 2019, p. 82).

Un possibile modello di riferimento

Di fatto, da tempo il mondo della ricerca educativa evidenzia una stretta relazione tra credenze, competenze e stili di insegnamento e come sia necessario per ciascun docente interrogarsi sulla propria mission educativa per un approccio trasformativo dell’essere insegnante. Tra i diversi contributi, vorrei in particolare presentarvi il modello a cipolla proposto da Fred Korthagen (2004), illustrato nella Fig. 1, con alcune domande guida utili alla riflessione personale.


Secondo Korthagen, per dipingere un insegnante “efficace” non è sufficiente soffermarsi solo su comportamenti osservabili o su risultati raggiungibili in classe o ancora su qualità personali; la professionalità docente si declina attraverso diversi fattori che insieme descrivono l’ “essenza di un buon insegnante” e che si influenzano a vicenda, con diversi livelli di profondità a cui fare riferimento nella progettazione di percorsi formativi di senso. 

  • Credenze

Tra i livelli più profondi del modello (quarto livello) ritroviamo le credenze, fortemente resistenti al cambiamento e connesse alle nostre esperienze dirette come studenti. Infatti “le esperienze scolastiche precedenti ai corsi formativi costituirebbero i prototipi maggiormente rappresentativi delle successive pratiche di insegnamento” (Amatori, 2019, p. 102), vale a dire che nella scuola si continuano a calpestare le orme dei docenti che ci hanno preceduto, continuando a valorizzare spesso i contenuti e le nozioni (Teacher-Centred Approach) piuttosto che i processi e gli studenti (Learner-Centred Approach). Sarebbe importante, pertanto, chiedersi: “In cosa io credo veramente? Quale modello di scuola voglio costruire?”

  • Identità

Un altro elemento di riflessione riguarda la nostra identità (quinto livello), il modo in cui ci collochiamo come docenti o siamo riconosciuti a livello sociale. Identità personale e professionale non possono essere disgiunte,  ma si possono considerare uno strumento per affrontare i contesti complessi che la scuola presenta, senza perdere fiducia e motivazione e scivolare così nel burnout

Assumendo una prospettiva critica

la non-neutralità dell’educazione […] richiama ogni educatore e l’Educazione in senso lato ad una inevitabile scelta binaria: se assumere in una prospettiva freiriana lo sguardo degli oppressi o quello degli oppressori (Freire, 1968/2011). E il focus non è riferito solo a quale scelta, ma a come rivestire questa scelta, con una collocazione attiva dell’insegnante nella veste di intellettuale pubblico, con una funzione emancipante nei confronti degli studenti (Malusà, 2019, p. 47).

Possiamo, quindi, chiederci: “Che tipo di insegnante voglio essere? Come vedo il mio ruolo?

  • Mission

Il livello più interno (sesto livello), il nucleo che pervade tutte le aree successive riguarda la nostra mission, connessa alle risposte esistenziali e alle qualità più profonde di ciascuno, che sono distinguibili dalle competenze più strumentali ed esterne. Queste qualità nutrono le nostre motivazioni interiori e spingono al vero cambiamento. E sono risposte davvero dense quelle connesse con queste domande: “Qual è il mio ideale di scuola? E la mia mission come insegnante? Quali sono le qualità essenziali che mi permettono di raggiungere questo fine?”

  • Competenze e comportamenti

Solo dopo aver affrontato i livelli più profondi di analisi, ha senso occuparsi di competenze professionali vere e proprie, intese come un sistema integrato di conoscenze- abilità-attitudini, che sono ancorate a strategie e pratiche didattiche inserite in specifici contesti (ovvero nell’ambiente, indicato come livello esterno del modello). Posso quindi in un secondo tempo chiedermi: “Cosa faccio concretamente? Che cosa sono in grado di fare? Quali nuove competenze sono disposto ad acquisire?”

Ma queste domande non sono slegate da quelle precedenti.  E la stretta interconnessione tra un livello valoriale e di competenza professionale si ritrova anche nei più recenti programmi dell’OCSE (2019), tra cui il Learning Compass 2030, che integra l’approccio tripartito  di saperi-saper fare-saper essere includendo una nuova area, quella dei valori, ovvero dei “principi e convinzioni che influenzano le proprie scelte, giudizi, comportamenti e azioni nel percorso verso il benessere individuale, sociale e ambientale” (ibidem).

Quali schemi di credenze per una scuola più equa?

Riflettere come docenti sulla nostra identità, sulle nostre credenze e, non da ultimo, sulla nostra mission, diventa essenziale per riattribuire alla scuola (pubblica) il suo fondamentale ruolo di equalizzatore sociale, mobilitando intenzionalmente risorse e competenze perché tutto ciò avvenga. 

Ma questo processo non è semplice né scontato e spesso nella realtà si ritrovano pregiudizi che minano fortemente alla radice possibili processi emancipativi nella scuola.

Vorrei condividere brevemente alcuni esiti di un’ampia ricerca riportata nel mio libro: “Riuscire a farcela” (Malusà, 2019), che analizza diversi contesti formativi in Italia e offre una panoramica delle problematiche connesse con l’educazione interculturale, cercando di identificare le modalità pedagogiche per sostenere gli studenti delle fasce più fragili, in particolare quelli di origine migrante, maggiormente colpiti dall’insuccesso scolastico. 

Tra i risultati vengono riportati alcuni schemi di credenze utilizzati dagli insegnanti nei processi decisionali, emergenti dall’analisi ‒ attraverso una Grounded Theory critica ‒ di interviste e di osservazioni partecipanti di alcune ore di lezione e di alcuni Consigli di Classe nella scuola secondaria di primo grado. Quello che emerge è che le credenze dei docenti, strettamente relate ai loro vissuti emotivi, possono essere riferite a tre diverse visioni (Malusà, 2019, p. 192):

  1. una visione orientata al passato (cosa è successo finora), che considera risultati raggiunti e comportamenti prodotti, talvolta connessa con un senso di rabbia e/o rivendicazione o di sterile buonismo/cinismo;
  2. una visione statica, connessa con un senso di arrendevolezza ed impotenza o non curanza;
  3. una visione orientata al futuro (cosa si può costruire), che comprende attese e bisogni espressi dagli studenti e connessi alla costruzione del loro progetto di vita (Malusà, 2019, p. 192).

Tra queste, solo nelle visioni orientate al futuro, tratteggiate da elementi di empatia, forte motivazione ed idealismo, possiamo ritrovare una mission educativa con quella necessaria utopìa ‒ già descritta da Paulo Freire e da Lorenzo Milani ‒ che vorrebbe offrire una seconda possibilità a chi è più fragile, considerando la scuola (pubblica) un essenziale strumento di emancipazione sociale (Malusà, 2020).

E come realizzare tutto questo dipende da ciascuno di noi. 

Creando rete. Insieme.

Riferimenti bibliografici

Amatori, G. (2019). Cornici pedagogiche per la formazione docente. Il ruolo dell’insegnante di sostegno nella co-costruzione di contesti inclusivi. Milano: FrancoAngeli. LINK: https://series.francoangeli.it/index.php/oa/catalog/book/390.

Dallari, M. (2022). Per una pedagogia dell’immaginazione. Encyclopaideia26(64), I-III. LINK: https://doi.org/10.6092/issn.1825-8670/15915

Freire P. (1968/2011). Pedagogia degli oppressi. Torino: EGA.  

Korthagen, F. A. J. (2004). In search of the essence of a good teacher: towards a more holistic approach in teacher education. Teaching and Teacher Education, 20, 77-97. doi:10.1016/j.tate.2003.10.002.

Malusà, G. (2020). Inclusione come giustizia sociale. Una ricerca nella scuola secondaria di primo grado in Italia. Encyclopaideia24(56), 91–105. https://doi.org/10.6092/issn.1825-8670/10741

Malusà, G. (2019). Riuscire a farcela. Pianificare percorsi di successo scolastico per studenti di origine migrante. Prefazione di Massimiliano Tarozzi. Milano: FrancoAngeli. LINK: https://www.francoangeli.it/Ricerca/Scheda_Libro.aspx?ID=25770

OCSE (2012). Equity and Quality in Education: Supporting Disadvantaged Students and Schools. Paris: OECD Publishing. LINK: http://dx.doi.org/10.1787/9789264130852-en.

OCSE (2019). The OECD Learning Compass 2030.  LINK: https://www.oecd.org/education/2030-project/teaching-and-learning/learning/.

Articolo precedente
Quali materiali per le Life Skills alla primaria?
Articolo successivo
Ora X: la democrazia in classe

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.

Formazione