Che fare con i gruppi di lavoro che non funzionano? 

Il Cooperative Learning funziona! Il Cooperative si basa sul lavoro dei gruppi cooperativi – coppie, terzetti, quartetti – e sulla loro capacità di raggiungere obiettivi comuni, di motivare i loro membri, di far sentire i partecipanti sostenuti e supportati.
Ma che fare se l’incastro magico non si crea? Che fare se qualcuno pubblicamente afferma che “insieme a quel compagno lì non ci vuole stare”, o di peggio se il gruppo si trasforma in un ring per mostrare agli altri il proprio potere personale? O ancora se il lavoro e il raggiungimento di un risultato vengono continuamente interrotti da conflitti sugli aspetti di relazione della comunicazione?

I motivi per cui i gruppi non funzionano possono essere molti.
Questo è il momento migliore per scoprire la potenza dell’Apprendimento Cooperativo che lavora parallelamente sulle dimensioni di contenuto (ad es. le cause remote della prima guerra mondiale) e sulle dimensioni di relazione (ad es. distribuzione dei ruoli, apprendimento di abilità sociali volte al buon funzionamento del gruppo come ascoltare l’altro, superare il pregiudizio, dare feedback costruttivi).

Questo è il momento migliore, come insegnanti, per intervenire insegnando in modo diretto le abilità che aiutano gli studenti a stare insieme in gruppoi (abilità comunicative e di gestione di conflitti) e le abilità che aiutano i gruppi a funzionare bene, rispetto alla realizzazione del compito (abilità di leadership)ii.

Questo è il momento migliore per dare l’occasione ai gruppi di apprendere in modo indiretto le abilità attraverso giochi o tecniche cooperative che insegnano le abilità giocandole.

Distinguerei gli interventi dell’insegnante sul funzionamento in almeno quattro scenari:

  1. alchimia mancante nel gruppo;

  2. rifiuto ad accettare un compagno/a in particolare;

  3. mania di protagonismo di uno dei componenti;

  4. micro-conflittualità diffusa.

In questo articolo mi soffermerò sui primi due.

Alchimia mancante

In questo caso molto dipende dalla mia abilità come insegnante di comporre i gruppi e molto aiuto potrò avere nella composizione degli stessi dall’utilizzo del sociogramma di Moreno. Si vedano per questo le utili indicazioni presenti nel videocorso “I segreti del Cooperative Learning”. Seguire la regola di evitare di far lavorare insieme persone che si rifiutano, non accontentare richieste particolari di coppie e invece comporre gruppi prevalentemente con studenti che si ignorano è uno dei segreti fondamentali per dare movimento alle dinamiche di gruppo di classe.

Diverso è il mio comportamento sulla base del numero di gruppi che non funzionano. Se l’alchimia è questione mancante in uno o due gruppi su tutti, attendo che il lavoro giunga alla fine e solo in fase di revisione rifletto assieme agli studenti sulle dinamiche efficaci e su quelle inefficaci da loro messe in atto. Se invece la maggior parte dei gruppi non funziona significa che io insegnante ho fatto qualche “errore” nella composizione dei gruppi oppure che in generale nella classe manca qualche abilità sociale essenziale. Allora potrebbe rendersi necessario interrompere l’attività cognitiva per fare una revisione dell’abilità sociale mancante, motivare la classe al suo utilizzo, esemplificare i comportamenti concreti tipici per es. del parlare a turno o del partecipare tutti e chiederne l’utilizzo durante la sessione successiva dei lavori. Dandosi poi il tempo per una revisione finale di confronto tra il prima e il dopo l’intervento sulle abilità sociali.

Rifiuto di un compagno/a

Talvolta capita che tra gli alunni (come tra gli insegnanti) ci siano delle idiosincrasie.

Un primo suggerimento semplice è, dopo aver fatto il sociogramma di Moreno, evitare di mettere insieme nello stesso gruppo persone che si rifiutano. Ma talvolta ci sono alunni rifiutati da molti compagni. È normale cioè ricevere3 o 4 rifiuti in una classe di 23. Ma non è normale averne 13 o 17.

È il caso, questo, degli studenti rifiutati. In questa circostanza il lavoro è nella classe almeno a tre livelli – il rifiutato, i rifiutanti, gli indifferenti – e fuori della classe a due – la famiglia e i colleghi.

Nella classe.
Con il ragazzino rifiutato sarà necessario, fuori della classe in Spazio Ascolto, mettere in evidenza il vissuto emotivo, la consapevolezza del rifiuto, le cause interne ed esterne che portano a comportamenti di distanziamento dei compagni e di chiusura/disturbo del ragazzino preso di mira.
Con gli indifferenti sarà necessario svolgere con loro dei giochi di ruolo in cui mettersi nei panni del rifiutato e proporre nuove strategie di comportamento più proattive.
Con i rifiutanti aiutarli a distinguere bisogni da pregiudizi personali, definendo regole di classe che prevedano l’inclusione e l’accettazione delle differenze.

Fuori della classe.
Contemporaneamente al lavoro con la classe, se il caso è di “vero rifiutato” (12 – 13 rifiuti su 23), sarà interessante e fecondo lavorare anche con la famiglia per esplorare le origini del rifiuto o dell’auto isolamento ed escogitare congiuntamente strategie per comprendere il comportamento e per questo ridurlo.
Ovviamente se il caso è stato rilevato anche dai colleghi un intervento a più mani sulle abilità sociali non potrà che essere più efficace.
Importante in questi casi è non confermare l’esistente ma aiutare sempre gli studenti ad immaginare scenari diversi, sognare se stessi come parte di un gruppo che accoglie ed è accolto, desiderare una condizione di inclusione ed equità che farebbe veramente far star bene tutti, nessuno escluso.

Allora sento di poter concludere la mia riflessione con questo stimolo di Sepulveda:

“viaggiando in lungo e in largo per il mondo ho incontrato magnifici sognatori, uomini e donne che credono con testardaggine nei sogni.
Li mantengono, li coltivano, li condividono, li moltiplicano. Io umilmente, a modo mio, ho fatto lo stesso.”

i come ad. es. formare il gruppo in modo ordinato, stare con il gruppo e non gironzolare per l’aula, parlare sottovoce, essere interessati e partecipare, essere positivi verso gli altri membri, conoscere e usare segnali per abbassare il tono di voce, fare a turno.

ii come ad esempio chiedere / dare informazioni; aiutare ad organizzare il materiale; dare dei ritmi di lavoro; saper ascoltare e saper dare comandi; incoraggiare la partecipazione; mostrare apprezzamento; parafrasare; condividere i sentimenti.

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