Barbiana: un esempio di apprendimento con metodo cooperativo

A Barbiana confronto e discussione circolare cooperativoMaestra elementare, insegnante e formatrice
Maggio 2017

Purtroppo la “voce più originale della Pedagogia Italiana del ‘900”, resta ancora muta e sola, sempre più improponibile nei metodi, fuori dalle sicurezze degli schemi pedagogici e, ciò che è peggio oggi, fuori moda.

Tutti sanno che la scuola di Barbiana funzionava all’interno della casa canonica in una piccola stanza senza riscaldamento, con pochi arredi essenziali e tappezzata di carte geografiche, per l’intera giornata con una breve interruzione per il pranzo. Non c’era la ricreazione e non c’erano giochi, soltanto a volte lo sci d’inverno e qualche tuffo d’estate nella piccola piscina che gli alunni stessi avevano costruito insieme al priore. Non facciamo mai ricreazione e mai nessun gioco. Quando c’è la neve sciamo un’ora dopo mangiato e d’estate nuotiamo un’ora in una piccola piscina che abbiamo costruito noi. Queste non le chiamiamo ricreazioni ma materie scolastiche particolarmente appassionanti! Il priore ce le fa imparare solo perché potranno esserci utili nella vita .

A Barbiana confronto e discussione circolare cooperativo

L’attività pedagogico-didattica della scuola consisteva in discussioni sui giornali, nel confronto sulle questioni mondiali, nella scrittura collettiva attraverso i mucchi dei “fogliolini” che si facevano e si disfacevano in virtù di scelte collettive e continue revisioni a più mani; insieme si leggevano i testi di Gandhi e l’apologia di Socrate. In questo modo si imparava e si costruiva la conoscenza. Il fine ultimo era quello di dare la parola a coloro che non ce l’avevano, condizione imprescindibile per un possibile riscatto sociale.
A Barbiana i ragazzi sedevano attorno ai tavoli, non c’erano “cattedra né pulpito” da cui ascoltare prediche e lezioni, e la scuola, aveva una sua forma “circolare” e collaborativa. Tutti insegnavano in quella scuola. Abbiamo 23 maestri! Perché, esclusi i sette più piccoli, tutti gli altri insegnano a quelli che sono minori di loro. Il priore insegna solo ai più grandi .
Far scuola a Barbiana diventava un mettersi in gioco tutti, prima e soprattutto umanamente; condividere la passione per il sapere e per la cultura, la consapevolezza che non esistevano barriere tra il maestro e i ragazzi e tra i ragazzi stessi, che la parola e il pensiero di ciascuno erano indispensabili per costruire insieme quei saperi critici che nascono soltanto nel confronto e nel rispetto reciproco e crescono e si sviluppano nel dialogo franco e nella condivisione. Nella libertà degli studenti, che imparano davvero quando sono soggetti attivi, sanno di potersi esprimere in modo personale ed autentico, senza dover ripetere pedestremente ed in modo acritico quanto è stato loro trasmesso magari solo per dovere e senza passione.
La conoscenza che così insieme si costruisce, non è mai povera e inerte ma diventa autentica, feconda, da spendere nella vita. Una scuola strana ed abnorme, un progetto davvero rivoluzionario nel senso più profondo del termine. Questa scuola dunque, senza paure, più profonda e più ricca, dopo pochi giorni ha appassionato ognuno di noi venirci. Non solo: dopo pochi mesi ognuno di noi si è affezionato anche al sapere in sé.
L’allievo si avvicina al maestro per imparare ma senza perdere la propria identità, il loro rapporto è concordato su scelte e regole comuni e sull’ unica idea guida fondamentale per l’educazione: “Il maestro dà al ragazzo tutto quello che crede, ama e spera. Il ragazzo crescendo ci aggiunge qualcosa, e così l’umanità va avanti” .

Collaborazione per co-costruire conoscenza

La scuola diviene una comunità di apprendimento dove si lavora in uno spirito cooperativo e di ricerca, dove si cresce insieme nei saperi e nell’educazione. Cooperative learning autentico quindi, oltre e al dì là del metodo e delle mode didattiche che sono sempre pericolose. Meglio un professore all’antica, d’uno che crede d’esser moderno perché ha mutato le etichette.
“Collaborare (labor-cum) vuol dire lavorare insieme, il che implica una condivisione di compiti, e una esplicita intenzione di “aggiungere valore”, per creare qualcosa di nuovo o differente attraverso un processo collaborativo deliberato e strutturato, in contrasto con un semplice scambio di informazioni o esecuzione di istruzioni. Un’ampia definizione di apprendimento collaborativo potrebbe essere l’acquisizione da parte degli individui di conoscenze, abilità o atteggiamenti che sono il risultato di un’interazione di gruppo, o, detto più chiaramente, un apprendimento individuale come risultato di un processo di gruppo” .
L’apprendimento cooperativo nella sua accezione più profonda ed autentica è però una filosofia di vita, non una tecnica d’aula; non solo una efficace metodologia per l’insegnamento e l’apprendimento, ma soprattutto un contesto educativo in cui crescere insieme. Mario Comoglio lo identifica come “un modo nuovo di “fare scuola”, che integra in una sintesi quasi “naturale” alcune prospettive che sono al centro della riflessione educativa più avanzata, come la comunità di apprendimento, l’insegnamento individualizzato, la valutazione autentica e la cognizione situata”.
Alan Wilkins più recentemente lo identifica in una filosofia dell’apprendimento in cui l’apprendimento passa attraverso l’esperienza grazie ad una metodologia efficace per lavoro di gruppo. Ne conclude che l’ apprendimento in gruppi cooperativi significhi oggi essere parte di un Movimento sociale, espressione di valori e convinzioni educative, agente di cambiamento sociale: una forma di capitale sociale (Alan Wilkins, Journal of Cooperative Studies, 2011)
La classe diventa una comunità, dove il gruppo accoglie e valorizza le diversità (psico-fisiche, sociali, etniche, ma anche cognitive) di ciascuno, le integra e le potenzia per una reale promozione di tutti.
In questo contesto sociale sereno e motivante, i bambini e i ragazzi attraverso il lavoro di gruppo analizzano questioni, risolvono problemi, rispondono a domande, fanno domande proprie, ricercano informazioni e significati, discutono, spiegano, dibattono, trovano soluzioni, ipotizzano nuovi percorsi, riflettono sul proprio processo di apprendimento. L’errore, la difficoltà, non sono eventi da demonizzare, ma diventano tappe del percorso, un’occasione sfidante per l’apprendimento di tutti. Nel lavoro quotidiano si predilige il gruppo eterogeneo ed in particolare quello per differenze di capacità poiché offre maggiori possibilità di tutoring, di aiuto reciproco e di integrazione delle diversità cognitive e socio-culturali.
Il gruppo diventa sia catalizzatore che fonte di conoscenza, i diversi punti di vista, prospettive ed esperienze, arricchiscono l’apprendimento, insieme si acquisiscono e maturano, competenze emotive e sociali.

L’apprendimento diventa un avvenimento davvero significativo, la scuola una “scuola di senso” non più la “scuola del programma”. Finora avete fatto scuola con l’ossessione della campanella, con l’incubo del programma da finire prima di giugno. Non avete potuto allargare la visuale, rispondere alle curiosità dei ragazzi, portare i discorsi fino in fondo.
Anche i genitori possono essere coinvolti attivamente nel percorso di apprendimento che i loro figli attuano a scuola e diventano attori in prima persona del processo. Durante attività di apprendimento cooperativo organizzate nelle assemblee di classe essi discutono e definiscono insieme agli insegnanti i traguardi educativi per i propri figli, progettano e verificano il percorso attuato per il loro raggiungimento , individuano e mettono in pratica strategie e condividono un progetto comune o forse un sogno: che la scuola intera divenga una comunità, un luogo di crescita dove tutti si interessino all’educazione dei propri giovani ed abbiano a cuore la loro istruzione e formazione.
Su una parete della nostra scuola c’è scritto grande: I care. E’ il motto intraducibile dei giovani americani migliori. “Me ne importa, mi sta a cuore”.
E’ il contrario esatto del motto fascista “Me ne frego”.
Forse in questo modo si costruisce anche realmente la democrazia ed una società migliore.

Bibliografia
M.Comoglio, M.Cardoso, Insegnare e apprendere in gruppo, Roma, LAS, 1996.
L.Milani, Lettera ad una professoressa, Firenze, Libreria ed. fiorentine.
M.G.Bergamo in www.apprendimentocooperativo.it materiali

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