Come motivarsi a lavoro

Come psicologa mi capita di affrontare problemi “motivazionali” nei singoli ma anche nei gruppi. Una delle richieste è quella di avere strategie per trovare o ritrovare la motivazione, mai avuta o persa lungo la strada. Come motivarsi a lavoro e sentirsi bene?

Che vuol dire essere motivati? 

Motivarsi a lavoroEssere motivati vuol dire avere un motivo per l’azione, per fare qualcosa. 

Senza carburante, l’auto non si muove. La motivazione funge da carburante e qualche volta sembra di essere a secco.

Ci motivano ad agire (Maslow, 1954)

  • i bisogni fisiologici, come la fame
  • il bisogno di sicurezza, come l’avere un tetto sulla testa
  • il bisogno di appartenenza, come il prendersi cura della famiglia
  • il bisogno di stima, come l’avere successo ed essere apprezzati professionalmente
  • il bisogno di autorealizzazione, come il vivere in base a principi morali.

A volte, è difficile trovare in modo immediato il legame tra l’azione da compiere e il bisogno da soddisfare. E sembra che se agiamo comunque, stiamo andando contro le nostre preferenze, sensibilità e desideri.

Cosa NON è motivazione?

A volte si pensa che essere motivati coincida con un senso di piacere continuo, entusiasmo, concentrazione e persistenza su tutto, tutto il tempo. Qualsiasi calo, naturale e fisiologico, viene letto come un problema. 

Dal mio punto di vista, non esiste una spinta motivazionale generica, perenne. Piuttosto esiste una carica specifica in rapporto alle varie situazioni lavorative: posso essere estremamente motivata per il nuovo progetto di formazione sulle life skills, tema che mi appassiona, della cui importanza e utilità sociale sono profondamente convinta. Per questo sono disposta a sacrificarmi, a viaggiare molto, a studiare per preparare una formazione originale e pratica, a fare riunioni di coordinamento e a mediare in caso di conflitti, a trovare soluzioni ai tanti problemi legati alla realizzazione concreta del progetto.

Posso avere una motivazione molto meno forte per la dimensione amministrativa legata alla realizzazione delle iniziative formative, di cui sono comunque responsabile. Non mi piace occuparmi dei contratti, delle fatture, dei pagamenti, eppure devo farlo.

Dovere e piacere sono due leve motivazionali molto importanti:

  • si agisce per evitare conseguenze sgradevoli dell’inazione, o per cambiare una situazione negativa che ci fa soffrire (fuga dal dolore).
  • Si compie l’azione perché immaginiamo i benefici che deriveranno dal raggiungimento dello scopo, come la soddisfazione, la fierezza, il sollievo (ricerca del piacere).

Alcuni di noi si motivano con la paura del dolore, del fallimento, della brutta figura, altri cercano soddisfazioni e realizzazione personale. Cosa funziona per te? 

Capire la propria tendenza può aiutare a costruire la motivazione.

Una strategia di auto-motivazione

Partiamo da un esempio concreto: scrivere questo articolo è l’attività. È un compito legato al mio fare parte di Scintille.it; l’ho scritto in treno, in viaggio per lavoro.

Desideravo farlo? No. 

Lo avrei fatto se non ci fosse stato un vincolo, un impegno preso? Di certo no, non ora, con almeno 6 formazioni in partenza nelle prossime settimane (Ndr. siamo nella prima settimana di settembre al momento della redazione).

La motivazione intrinseca era scarsa. Eppure, lo stai leggendo!

Come mi sono motivata per raggiungere questo scopo? Ho applicato una specifica strategia motivazionale:

  • Mi sono chiesta perché era importante per me scriverlo. Ho trovato delle ragioni forti, che hanno nutrito la mia voglia di scrivere. 
    1. Ad esempio, mi dà l’opportunità di riflettere su questo tema, che spesso costituisce un problema per i miei clienti di consulenza. 
    2. Scrivere mi aiuta a pensare creativamente e infatti mi sono venute idee per arricchire un percorso psicoeducativo sulle scelte e per un altro articolo per il mio sito. Bastava questa ragione a motivarmi? No, sono molto pigra! 
    3. Altri motivi riguardano il senso di appartenenza al gruppo: ho rispettato un impegno preso quando ho deciso di fare parte dello staff di Scintille.it e non volevo deludere nessuno. 

Non si fa tutto spontaneamente e volentieri; molte attività richiedono uno sforzo consapevole, una decisione seguita da persistenza e impegno. 

In questo caso, è utile trovare il motivo o i motivi per cui decidiamo comunque di farlo. 

Quali sono i tuoi perchè?

Altre strategie per auto-motivarsi

Esistono altre strategie motivazionali. Eccone di seguito alcune:

  • Ristrutturare il senso di quell’azione in un contesto più ampio. Spesso azioni noiose, ripetitive, sembrano vuote di senso. Può aiutare ritrovarne lo scopo più grande. 

Esempio: lavare i piatti per me è noioso, ma entrare in cucina e trovarla in ordine mi dà una gioia profonda. Per motivarmi a lavare i piatti, mi dico che non è questione di lavare piatti, ma di costruire un ambiente più bello e prendermi cura di me sistemando il mio ambiente. 

E se non si riuscisse a trovare un senso più grande? Si ritorna alla strategia precedente, ai perché, ai motivi profondi.

  • Relativizzare la questione. A volte i motivi profondi non si rintracciano facilmente. Invece, la motivazione ha a che fare con bisogni essenziali. Può essere utile ricordare che alcune azioni sono parte del ruolo professionale, che il motivo per farle sta nel contratto che abbiamo sottoscritto e trova la sua ricompensa primaria nello stipendio, che contribuisce a soddisfare prima di tutto il bisogno di sicurezza e i bisogni fisiologici. Non c’è niente di male in questo.
  • Scegliere il focus del pensiero. La demotivazione dipende da quello che penso rispetto al compito da svolgere: focalizzare l’attenzione sul piacere che segue il raggiungimento del risultato invece che sulla fatica del fare il lavoro può essere un aiuto a muoversi.

Se poi questo non basta a trovare l’energia per l’azione, allora forse c’è altro che va approfondito. Capire che tipo di demotivazione si sta vivendo: è momentanea? È lo stress del rientro al lavoro con la nostalgia delle vacanze? O si detesta l’idea di tornare alla quotidianità del lavoro? È una condizione stabile dell’umore? 

In questo caso, una riflessione sarebbe necessaria, per comprendere meglio quello che potrebbe configurarsi come un indicatore di disagio psicologico.

Motivarsi a lavoro


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