Ma perché i voti non vanno bene?

Questa è tra le domande più “calde” per gli insegnanti. Nonostante anni di didattica per competenze, di valutazione autentica, di rubriche di valutazione, permane un senso di ribellione più o meno esplicitamente espressa.

Di seguito alcune riflessioni sui voti espressi con numeri.

Il numero

Il numero utilizzato nelle valutazioni è un elemento “chiuso” spesso ermetico, che ha trasparenza soltanto e nel migliore dei casi nella “testa” di chi lo somministra.

I voti non parlano all’allievo del suo apprendimento, misurano i suoi risultati in base ad una scala che resta la stessa per situazioni e compiti diversi, che presenta decimali e frazioni di numero spesso decisi in modo fortemente soggettivo, che vengono poi fusi in una media matematica che non descrive il processo di apprendimento ma lo stigmatizza rigidamente non fornendo allo studente elementi efficaci per il miglioramento. Il voto poi continua purtroppo e spesso ad essere inteso come un’assegnazione di merito o demerito sull’allievo, che spesso si identifica addirittura con il voto negativo della verifica.

Segretezza dei voti

Spesso il voto è segreto, nei migliori dei casi riservato, un numero che passa da insegnante ad alunno senza discussione né analisi, senza la possibilità di confrontarsi con i pari. I voti degli altri si spiano per vedere a che punto è il nostro status nella classe, per ipotizzare preferenze o “prese di mira” dell’insegnante. In mancanza di trasparenza ogni ipotesi è lecita.

Troppi voti, quanti voti?

Il numero pervade anche la dimensione della frequenza con cui attribuirli. Ogni compito deve avere il suo numero, il registro ne prevede una certa quantità, non sono abbastanza per fare la media, ho troppi voti tolgo il peggiore, alzo la media per premiare l’impegno, abbasso il voto per il comportamento…. Considerazioni che non hanno serie basi pedagogico-didattiche o docimologiche ma si rifanno a pratiche antiche ancora diffuse nella scuola. Purtroppo, l’ansia di misurare toglie efficacia al processo, non permette la cura e la riflessione necessarie. Non è necessario un voto per ogni compito o lavoro, è indispensabile invece un feedback descrittivo che fornisca allo studente indicazioni per migliorare.

Voti e feedback

Il feedback è la somma di tutte le informazioni orali o scritte fornite allo studente dopo una prestazione o un compito, allo scopo di informarlo sul livello raggiunto, o sulla quantità e qualità degli esiti di apprendimento. Il feedback che lo studente riceve attraverso i voti focalizza l’attenzione sull’esito più che sull’importanza del processo e dello sforzo per migliorare mancando anche lo scopo di incoraggiarli a riflettere sul loro lavoro e a come migliorarlo.

Anche qualora il voto sia accompagnato da un feedback descrittivo, esso resta comunque in primo piano nell’attenzione dello studente offuscando e compromettendo l’efficacia del rimando che l’insegnante fornisce sul compito o sulla prestazione.

Voti e competenze

La competenza è una realtà complessa che vede la combinazione di molti elementi: le conoscenze, le abilità e gli atteggiamenti in azione. Per valutare una competenza quindi il voto non è utile ma occorre individuare strumenti che consentano di cogliere e documentare un comportamento competente. Pertanto, il comportamento atteso deve essere descritto e la sua valutazione richiede l’attivazione e il confronto dipiù livelli di osservazione per consentire una ricostruzione corretta.

Il lavoro dell’insegnante

In una valutazione unicamente basata sui voti il lavoro di progettazione e di valutazione dell’insegnante resta sommerso e a volte confuso, il sistema di valutazione attraverso i voti non gli permette infatti di “visualizzare il traguardo”, avere chiarezza sulle evidenze di comprensione profonda degli studenti che indicheranno se il traguardo è stato raggiunto e a quale livello, sul loro progresso e soprattutto su come favorire l’autovalutazione e la metacognizione che permetterebbero agli studenti di governare il proprio processo di apprendimento e di progredire.

Facciamo parlare i voti

Un primo passo per uscire dalla gabbia valutativa del numero è provare a far parlare i voti costruendo griglie di valutazione o rubriche che descrivano i diversi livelli di apprendimento simboleggiati dai voti. Le griglie o le rubriche vanno presentate alla classe e discusse con gli allievi, meglio ancora, quando la situazione lo consenta, esse vanno costruite con la classe.

Il nostro corso di formazione propone un affiancamento per la costruzione di rubriche di valutazione.

Quali strumenti al posto o a fianco dei voti?

L’insegnante deve avere una ricca cassetta degli strumenti valutativi, in essa trovano posto accanto a verifiche e test anche le griglie di osservazione, le rubriche di valutazione, il diario di apprendimento, le schede di autovalutazione, le discussioni metacognitive ed il colloquio valutativo, i compiti di realtà ed i progetti aperti.

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